Per chi espone al sole, anche per breve tempo, le confezioni d’acqua destinate alla vendita, si configura il reato di detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stata di conservazione.
Questa è la conclusione alla quale è giunta la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 39037/2018, respingendo il ricorso di un commerciante e confermando la sua condanna alla pena di euro 1.500 di ammenda per il reato ex art. 5 della Legge 283/1962.
In quanto, la contravvenzione di cui al citato articolo 5 è un reato di pericolo presunto che si concretizza anche senza l’effettivo accertamento del danno al bene protetto: la salute ( cfr. Cassa. N. 3674/2016).
Infatti, sempre per la Cassazione, il reato di detenzione per la vendita di sostanze alimenti in cattivo stato di conservazione è configurabile quando si accerti che le concrete modalità della condotta siano idonee a determinare il pericolo di un danno alla salute. Ciò, in riferimento alla considerazione che “ l’acqua è un prodotto alimentare vivo e come tale è soggetto a subire modificazioni allorché: - rimane isolata dal suo ambiente naturale e posta all’interno di contenitori stagni che impediscono i normali interscambi che avvengono con l’aria, la luce e le altre forme di energia; - viene sottoposta ad aumento di temperatura o ad esposizione continua ai raggi solari “ .
Ciò è dovuto al fatto che l’acqua non può essere considerata, significativamente, diversa da altri liquidi alimentari, quali l’olio ed il vino. La normativa, pertanto, in considerazione di tale tesi, ha stabilito che la conservazione di bottiglie di acqua minerale in contenitori PET (Polietilentereftalato) all’aperto ed esposti al sole, costituisce la contravvenzione prevista dalla Legge 283/1962, per la quale: l’esposizione, anche parziale, di prodotti destinati al consumo umano, alle condizioni atmosferiche esterne ( tra cui l’impatto con i raggi solari ), può costituire potenziale pericolo per la salute dei consumatori, poiché sono possibili fenomeni chimici di alterazione dei contenitori e conseguentemente del loro contenuto.
Per estendere le informazioni sull’argomento, in seguito alla propaganda che circola ciclicamente online, secondo la quale il PET rilascerebbe grandi quantità di Antimonio quando le bottiglie vengono esposte alla luce diretta del sole, si riporta l’esito di un’indagine condotta e pubblicata da ALTROCONSUMO nel n. 327 Luglio – Agosto 2018 della omonima Rivista, riguardante, appunto “ tracce di sostanze inquinanti provenienti da prodotti chimici (Nel caso specifico l’Antimonio) usati per la produzione di contenitori PET “. Indagine che evidenzia la poca o nulla rispondenza di tale affermazione, sia con l’esito degli studi effettuati in condizioni estreme a riguardo, e sia nelle prove di laboratorio eseguite da Altroconsumo stesso. Dove non sono state rilevate tracce di Antimonio in nessuno dei campioni esaminati. Mentre, su 18 confezioni dei 42 esaminati sono state riscontrate piccole tracce di xilene ed etilbenzene, molto probabilmente provenienti dalla plastiche dei contenitori.
Comunque, fermo restando l’attendibilità delle precauzioni sulla salute stabilite dalla citata normativa, si ritiene opportuno precisare che oltre agli inquinanti menzionati, la qualità dell’acqua si giudica anche in funzione della quantità degli elementi analizzati riportati in etichetta e dal confronto dei valori degli stessi con i limiti stabiliti dal D. Lgs. n. 31 del 2/02/2001 e della Direttiva CEE/CEEA/CE n° 83 del 3 /11/1998 .
In quanto, non sempre il continuo martellare della pubblicità, che tende a far credere che l’acqua in bottiglia sia sempre la migliore, risponde ad obiettiva verità.
Come dimostra la scoperta , sempre di Altroconsumo, riguardante l’acqua “ RADENSKA“ imbottigliata in Slovenia e venduta in Veneto e Friuli Venezia Giulia, consistente nell’accertamento di valori notevolmente al disopra dei limiti stabiliti dal Decreto Legislativo 31/05/2001 per le acque destinate al consumo umano, come di seguito specificato:
Nonostante trattasi, considerata l’entità dei valori e la contaminazione di cui sopra, di un’acqua da assumere in piccole dosi e solo su suggerimento di un medico. Motivo per cui Altroconsumo ha provveduto a segnalare il caso al Ministero della Salute.
Ovviamente, però, la quasi totalità delle acque minerali non presentano caratteristiche qualitative fuori norma, anche se è sempre opportuno verificarne la regolarità, attraverso il riscontro ed il confronto dei valori limite (Vedi Allegate Tabelle 1, 2, e 3) con quelli riportati in Etichetta, ivi compresa la data dell’ultima analisi (molto frequentemente risalente ad anni addietro), specie quando i caratteri delle etichette risultano poco leggibili ad occhio nudo.
Per non accettare passivamente l’equazione: “acqua in bottiglia migliore dell’acqua del rubinetto” , anche perché, nella stragrande maggioranza dei casi, una tale convinzione risulta priva di fondamento, come dimostrano i risultati dei controlli che le ASL effettuano sugli acquedotti con una frequenza dipendente dal volume di acqua distribuito giornalmente. Frequenza che a Marino, in considerazione degli 8.759 mc erogati (Dedotti dal prodotto del numero degli abitanti: 43.797 per un consumo pro capite giornaliero di litri 200), secondo quanto previsto dal D.Lgs 31/01, trova riscontro in n. 31 controlli all’anno, di cui 27 di routine e 4 di verifica.
A differenza della periodicità di 5 anni con la quale, secondo il D. Lgs 25/1/1992, n. 105, art. 11, comma 6, dovrebbero essere aggiornate le analisi riguardante la composizione dell’acqua minerale. Periodicità che, anche se venisse rispettata, rappresenta un arco di tempo nel corso del quale potrebbero verificarsi, lungo il corso delle sorgenti, cambiamenti di natura fisico-chimica e processi di inquinamento di natura antropica (riguardane l’influenza dell’attività dell’uomo , specie nei settori agricolo-zootecnico ed industriale) non evidenziabili in tempo reale in etichetta.
Inoltre, la qualità dell’acqua del rubinetto, pur essendo garantita dagli Enti Istituzionali preposti ai controlli ( ASL e ARPA ), può essere periodicamente verificata dagli stessi utenti (Vedi allegata Scheda “ Qualità dell’Acqua – COMUNE DI MARINO “), accedendo al PORTALE COMUNE MARINO e seguendo, in progressione, i seguenti passaggi: Servizi online; Aree Tematiche; Idrico; Acea acqua – Acea ATO 2 SpA; Bene Prezioso- Scopri la Qualità della tua Acqua – Vai alla Mappa; Digitare il tuo Indirizzo (con Via n. civico e Città); Puntale evidenziante l’area geografica di appartenenza; Cliccare sulla Mappa esternamente al Puntale; Per maggiori informazioni clicca qui; Salvare il file “ Marino zona 2 - Colonna – Frazioni “ e cliccare sulla denominazione dello stesso per evidenziare la “Tabella sulla qualità dell’Acqua COMUNE DI MARINO”.
Per completare il quadro delle informazioni sulle differenze fra l’acqua del rubinetto e le acque minerali in bottiglia, si riportano ulteriori non trascurabili dettagli riguardanti queste ultime, quali:
- alla produzione: che stando ai dati forniti dall’Annuario acque minerali e di sorgente Beverfood, nel 2006 sono stati prodotti in Italia circa 12 miliardi di litri di acqua minerale e registrato un consumo interno superiori agli 11 miliardi per l’imbottigliamento, dei quali, secondo Mineracqua sono state utilizzate 350 mila tonnellate di PET provenienti da circa 665 mila tonnellate di Petrolio ed una emissione di gas serra complessiva di 910 mila tonnellate di CO2 equivalente (Secondo l’EPA statunitense, per ogni Kg di PET prodotto vengono emesse 2,6 Kg di CO2 eq.);
- al trasporto: secondo Mineracqua solo il 18 % delle bottiglie di acqua minerale viaggia su ferrovia e l’82 % su gomma, attraverso percorsi anche di migliaia di chilometri, come per una delle più diffuse marche: la Levissima, che, partendo dall’Arco Alpino, per raggiunger i supermercati di Napoli, Puglia e Palermo percorre, rispettivamente, una distanza di 894, 1.000 e 1.500 Km, a bordo di veicoli pesanti che contribuiscono alle emissioni di PM 10 ( Polveri sottili dal diametro uguale o inferiore ai 10 millesimi di millimetro ) da trasporto stradale nella misura del 23 %;
- allo smaltimento: dai dati rilevati dall’Associazione di categoria Mineracqua e dal Corepla (Consorzio per il recupero degli imballaggi in plastica ), già nel 2006, dei 2,2 milioni di tonnellate di imballaggi plastici immessi al consumo, 409 mila erano in PET, dei quali 350 mila sono state utilizzate per la produzione di bottiglie per acque minerali, di cui soltanto 124 mila (pari al 35 %) avviate al riciclaggio.
Riciclaggio che, vale la pena ricordare, oltre a sottrarre l’antieconomico conferimento dei contenitori in discarica e dal pregiudizievole abbandono nell’ambiente, consente, stando ai dati riportati nel libro “ Il Riciclo Ecoefficiente “ dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia, attraverso l’utilizzo del PET riciclato per la produzione di nuovi imballaggi, un risparmio di emissione di CO2 del 95 % ed energetico del 93 %, rispetto alla produzione partendo dalla materia prima.
Ed è proprio per tentare di contenere tali insostenibili sprechi di esauribili risorse naturali e di immissione di gas inquinanti nell’aria che si respira , che ritornato in Italia, in fase sperimentale, il “ Vuoto a rendere” (già utilizzato negli anni 60 – 70) previsto da un Regolamento del Ministero dell’Ambiente, pubblicato il 25 Settembre sulla Gazzetta Ufficiale ed entrato in vigore il 10 Ottobre 2017.
Tale sperimentazione, che durerà un anno ed è finalizzata ad incentivare comportamenti che salvaguardino l’ambiente, attraverso la sensibilizzazione dei consumatori sull’importanza del riciclo, viene evidenziata nei vari ambienti che hanno scelto di aderire alla fase sperimentale (Bar, Ristoranti, Alberghi e vari altri punti vendita) con l’esposizione di un apposito simbolo.
Quanto fin qui esposto non si prefigge certo di interferire sulla libertà di scelta di chi ritiene conveniente dissetarsi con l’acqua minerale in bottiglia, bensì vuole essere soltanto un contributo di conoscenze sull’argomento mirato a consentire ai lettori- consumatori di operare tale scelta in maniera più consapevole e compatibile con la salute dell’Ambiente, dalla quale dipendono le nostre condizioni di vita. Affinché si eviti, di divenire complici inconsapevoli, sebbene con una lieve incidenza ( anche se è fuor di dubbio che ogni grande dimensione, non è altro che la somma di tantissime e piccolissime frazioni della stessa), della causa dei 91.000 decessi prematuri che ogni anno si verificano in Italia e del costante incremento di diagnosi di tumori maligni, ictus, problemi cardiaci e malattie respiratorie ( rilevati nei Siti di interesse Nazionale o Regionale – SIN o SIR ) che interessano particolarmente le fasce di età da zero a 24 anni, imputabili all’inquinamento da ozono e particolato fine, cioè a particelle di diametro inferiore ai 2,5 micrometri, particolarmente pericolose, poiché possono raggiungere facilmente gli alveoli polmonari e quindi il flusso sanguigno.
Insomma, il detto un tempo in voga: “ siamo quel che mangiamo “ oggi, purtroppo, a ragion veduta, è diventato: “siamo quel che mangiamo e quel che respiriamo”.
A cura del Prof. Brancato
L’economia Circolare consiste in un nuovo modo di produrre nel rispetto dell’Ambiente e del valore delle cose ed è basata sul riciclo e sul contenimento degli sprechi. Il principio è che un’economia per essere sostenibile non può continuare ad estrarre ulteriori materie prime in via di esaurimento, ma deve essere orientata alla conversione degli scarti per la produzione di nuovi prodotti e per il conseguimento di una serie di vantaggi di natura ambientale, sociale e climatica.
A differenza dell’economia Lineare, che si fonda sul prelievo di sempre nuove materie prime e sul consumo di massa, destinato a diventare materiale di scarto che alimenta l’incontenibile accumulo di rifiuti che, a loro volta, generano inquinamento e surriscaldamento (detto anche Riscaldamento climatico), che ha comportato e sta comportando il mutamento sempre più rilevante del clima terrestre, con conseguenti manifestazioni, sempre più frequenti, di fenomeni atmosferici estremi. Oltre a creare enormi diseguaglianze e conflitti etnici, a causa delle guerre che si scatenano per accaparrarsi le più importanti fonti residue di materie prime.
Sicché, l’economia Circolare si fonda:
· sulla considerazione che i rifiuti prodotti da industrie e privati non sono materiale di scarto, ma una seconda materia prima;
· sulla drastica diminuzione dello spreco a monte, attraverso la condivisione, con altri consumatori, di beni in buono stato, per evitare di buttarli o lasciarli accantonati ed inutilizzati;
· nell’arresto dell’inefficienza precoce dei prodotti, tramite la loro riparazione;
e persegue la seguenti finalità:
· produrre ex novo prodotti con materiali atossici e progettati per poter essere riutilizzati, allo scopo di ridurre, se non addirittura azzerare, gli scarti;
· allungare la vita dei prodotti;
· ridurre i rifiuti attraverso il riciclo, per creare nuova materia.
Al fine di conseguire i seguenti vantaggi:
· un risparmio netto, secondo dati del Parlamento Europeo, dell’8 % del fatturato annuo ( pari a ca. 600 miliardi ) di tutte le imprese Europee e la riduzione delle emissioni di gas serra del 2- 4 % , grazie alla prevenzione dei rifiuti, il riutilizzo dei materiali e l’ecodesign ( Ideazione e progettazione di oggetti d’uso con materiali di scarto);
· una maggiore sicurezza nei confronti della disponibilità delle materie prime;
· un aumento della competitività e dell’impulso all’innovazione e alla crescita economica;
· un incremento dell’occupazione che, secondo stime, nell’Unione Europea, con la transizione verso l’Economia Circolare, si prevede sia di circa 600 mila nuovi posti di lavoro,
· benefici verso i consumatori finali, poiché potranno contare sulla disponibilità di prodotti durevoli ed innovativi, tali da far risparmiare in termini economici, e migliorare la qualità della vita.
Fra gli esempi di Economia Circolare in Italia, rispondenti al conseguimento dei descritti obiettivi, meritano una citazione le realtà di seguito menzionate:
DACCAPO – Centro Ri-Uso di Capannori:
centro di raccolta sociale creato su iniziativa della Caritas e dell’Associazione “Ascolta la mia voce“ per ricevere la donazione di oggetti che non servono più o per farli riparare. Delle tre sedi operative, fra Lucca e Capannori, due effettuano la raccolta e la riparazione ed uno svolge la funzione di Emporio. Dove è possibile acquistare, attraverso una donazione, gli oggetti riparati o trasformati in un laboratorio all’uopo attrezzato, per insegnare un mestiere ed offrire opportunità di lavoro a persone in condizioni di difficoltà;
C.R.E.A: Centro Riuso ed Educazione Ambientale (Pergine Valsugana –Trentino):
dove è possibile donare o cedere, in contro vendita, oggetti e materiali in buone condizioni d’uso, come: posate, stoviglie, strutture di arredo, libri, abbigliamento, piccoli elettrodomestici, ecc. Allo scopo di stimolare e diffondere la cultura del riuso, tramite il conferimento di una seconda vita a ciò che non viene più utilizzato;
Eco Sistemi S.r.l – Rovereto:
azienda che si occupa della depurazione delle acque con un sistema brevettato nel 2014 che, grazie al reattore (Contenitore progettato per farvi avvenire una reazione chimica, costituito da un serbatoio alimentato da un flusso costante di materia comprendente reagenti, inerti, catalizzatori e parte del prodotto riciclato) – RCBR - (Rotating Cell Biofilm Reactor = Reattore a Biofilm a cella rotante), senza additivi chimici, forma naturalmente un film biologico di batteri attivi nel rimuovere gli inquinanti delle acque. Trattasi, in particolare, di un sistema che sfrutta:
· l’aereazione naturale, evitando i costi di funzionamento e manutenzione dei compressori d’aria;
· e un design (progetto di un oggetto d’uso destinato alla produzione industriale, in serie, secondo forme esteticamente rispondenti alla funzionalità dell’oggetto stesso) che utilizza materiali di scarto (tappi di plastica delle bottiglie), per la formazione dell’habitat per la crescita del film biologico attivo. Frutto di un brevetto tutto italiano, che oggi viene applicato per risolvere i problemi di depurazione, anche da sostanze poco biodegradabili, di acque reflue;
Carte ecologiche Favini:
azienda dedita alla produzione della gamma “Crush”(residui dei prodotti vegetali di seguito citati) di Favini, di carte colorate dalla consistenza tattile particolare, realizzata nel laboratorio di Rossano Veneto, che si distingue dai tradizionali metodi di produzione per le materie prime impiegate. Dato che si avvale dell’utilizzazione dei sottoprodotti dell’industria agroalimentare per la lavorazione di: agrumi, uva, ciliegie, kiwi, nocciole, mandorle, lavanda, mais, olive e caffè, a loro volta sottoposti ad un complesso trattamento, utilizzando elettricità idroelettrica autoprodotta.
Tutte iniziative meritevoli di grande considerazione, per l’assoluta coerenza con i principi dell’Economia Circolare, che ci si augura possano diffondersi copiosamente su tutto il territorio nazionale, ovviamente con finalità compatibili con le esigenze di smaltimento e di utilizzazione produttiva degli scarti prevalenti nelle singole aree.
Però, in attesa che ciò accada, il contributo più immediato alla diffusione di tale sensata tipologia di Economia, potrebbe e dovrebbe arrivare da un più generale cambiamento delle abitudini dei consumatori, rivolto a contrastare le conseguenze di una incontrollata e smodata produzione di rifiuti che, indirettamente, contribuisce ad incrementare le emissioni di gas serra (Anidride carbonica – CO2-; Protossido di azoto – N2O -; l’Ozono – O3 -; Metano – CH4 – ; Vapore acqueo; Esafluoruro di zolfo -SF6 –, impiegato come isolante elettrico; e gli Alocarburi, fra i quali i Clorofluorocarburi - CFC -, impiegati come propellenti per aerosol, come agenti refrigeranti e per la produzione di materie plastiche espanse).Contributo, per il conseguimento del quale basterebbe mettere in pratica, diligentemente, i seguenti punti, praticabili a livello individuale, del tanto invocato rispetto della Regola delle “ 5 R”:
· Riduzione dei rifiuti: scegliendo prodotti sfusi o che abbiano minori volumi e pesi di imballaggio ed evitando gli sprechi, come ad esempio: acquisto di prodotti in esubero; impiego degli shopper monouso ( sacchetti di plastica o carta con manici, distribuiti ai clienti di negozi per il trasporto di merce acquistata al minuto ); parziale utilizzazione della carta, a scuola ed in ufficio; la sostituzione delle bottigliette di acqua minerale, con le durature borracce rifornite con acqua del rubinetto o prelevata alle fonti;
· Raccolta differenziata: imparando a distinguere i materiali che compongono i prodotti dei quali ci si vuole disfare, per conferirli separatamente negli appositi contenitori, secondo le modalità indicate;
· Riuso degli oggetti ancora utili: prima di decidere se considerare un oggetto rifiuto, occorre ponderare se la sua utilità è inevitabilmente cessata o può trovare ulteriori possibilità di utilizzazione, come ad esempio per i barattoli di vetro, contenitori vari, indumenti, libri, elettrodomestici, ecc;
· Riparazione: di tutto ciò che si presta a questa provvidenziale operazione, un tempo usuale, per prolungarne l’efficienza e ridurre la massa dei rifiuti.
Per evitare di condividere il deprecabile ruolo passivo di rassegnati o indifferenti spettatori del sempre più frequente ripetersi di eventi che, complice la cattiva gestione del territorio, causano l’incontenibile progressione di degrado ambientale. Le cui conseguenze, a livello nazionale, da qualche anno, producono i disastrosi e luttuosi effetti documentati dalla cronache quotidiane.
Situazione in gran parte imputabile all’andamento dei mutamenti climatici, dovuti, secondo fonte ISAC-CNR ( Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima), al fatto che la temperatura, nel nostro Paese, si sta elevando più velocemente della media globale e delle altre terre emerse del pianeta.
Come dimostra la differenza, rispetto al trentennio 1971-2000, del nuovo record di + 1,45°C, raggiunto nel 2014, contro il + 0,46°C, verificatosi a livello globale. Conseguentemente, in Italia, la tendenza dell’innalzamento della temperatura, basato sui rilevamenti dei dati degli ultimi decenni, si stima possa essere di 1,5 °C superiore a quella della media delle terre emerse e del doppio di quella di tutto il pianeta, se non verranno messe in atto, a breve, drastiche ed efficienti misure di contenimento, da parte di tutti i Responsabili delle attività fonti delle pregiudizievoli citate emissioni.
Non esclusa l’influenza dell’ingente schiera di consumatori che, specie in coincidenza delle festività Natalizie, con l’incremento degli acquisti, spesso:
· eccedenti, rispetto alle effettive necessità;
· voluttuari;
· ed orientati verso strenne, magari di poco valore, ma contornate da appariscenti, corpose, inutili ed effimere confezioni che, in parte, finiscono con l’accrescere, irresponsabilmente, i cumuli abusivi di rifiuti indifferenziati, contribuiscono a peggiorare il già gravissimo problema della carenza di smaltimento.
Dato che le discariche esistenti “autorizzate”, nonostante i forzati ampliamenti, hanno raggiunto e superato il limite della capienza, e la quasi impossibilità di reperire siti, comunali e regionali, disponibili per la realizzazione di nuovi invasi di dimensioni idonei a soddisfare l’attuale perdurante esigenza di smaltimento dell’enorme mole giornaliera di rifiuti indifferenziati, proveniente dalle più svariate aree.
Ciò premesso, le alternative ipotizzabili, per evitare di subire l’invasione degli effetti materiali della diffusa ed annosa noncuranza o inadeguatezza nell’affrontare il problema, e le gravi conseguenze di natura igienico-sanitaria e di compromissione della vivibilità, già in atto in molte realtà urbane (vedi Roma, in particolare), si ritiene possano trovare riscontro nelle seguenti soluzioni:
· adoperarsi per adottare tutti gli accennati accorgimenti rivolti a produrre meno rifiuti possibili e, compatibilmente con la disponibilità dei previsti idonei ambienti, trasformare, autonomamente, la componente organica (ca. 1/3 della produzione totale) in compost;
· acquistare prodotti realizzati con materiali totalmente o prevalentemente riciclabili;
· eseguire scrupolosamente la differenziazione dei resti inevitabili;
· programmazione, da parte dei Comuni, in gestione autonoma o consorziata ,della realizzazione di Impianti di Compostaggio e del Trattamento Meccanico Biologico dei Rifiuti –TMB -;
· o andare incontro al pagamento di ancora più onerose tariffe TARI, per sostenere gli enormi costi derivanti dal trasporto e conferimento dei famigerati prodotti, presso gli ancora disponibili siti, distanti dal luogo di produzione (anche esteri), ed attrezzati per il loro stoccaggio, trattamento e trasformazione.
Soluzioni che ovviamente interessano anche la Cittadinanza locale, nonostante la pur provvidenziale attuazione del sistema di raccolta differenziata “porta a porta“ nelle zone di pianura, abbia già consentito di ridurre del ca.55 % il conferimento di rifiuti indifferenziati in discarica. Conferimenti, che seppur destinati a ridursi, in seguito all’estensione del nuovo metodo di raccolta su tutto il territorio comunale; poiché, come già accennato, le discariche, sia:
· per la mancanza di ulteriore capacità ricettiva;
· per in alcuni casi, le conseguenze dell’ inquinamento imputabili al percolato;
· per il notevole deprezzamento del territorio circostante, che comporta la loro presenza
costituiscono motivo di accesi ed annosi contenziosi, fra Cittadini ed Istituzioni, riguardanti la contrastata possibilità della loro ulteriore utilizzazione e l’ubicazione di eventuali nuove realizzazioni; ne deriva una situazione che non lascia ben sperare per l’immediato futuro. Il che impone, precauzionalmente e responsabilmente, la necessità dell’impegno ad incrementare, quanto più possibile, la propensione al raggiungimento dell’obiettivo “ZERO DISCARICA“ se non si vuole correre il rischio di andare incontro ad una, non utopistica, generale condizione di emergenza.
Articolo redatto dal Prof. Domenico BRANCATO
In riferimento alla nota pubblicata su questo sito in data 22/0672018, dal titolo: A Luglio l’avvio del Reddito di Cittadinanza locale a Marino: a chi spetta il beneficio? Si informano gli interessati che:
A cui ha fatto seguito la Determina di pubblicare, dal 20/09 al 4/10/2018, sul sito del Comune di Marino, l’elenco degli ammessi e degli esclusi e di dare atto che gli interessati potranno presentare ricorso al Comune di MARINO – Servizi Sociali – Largo Palazzo Colonna 1 – 00047 Marino o tramite Pec al seguente indirizzo: protocollo@pec.comune.marino.rm.it - entro i 15 giorni dalla data di pubblicazione della graduatoria provvisoria.
A cura del Prof. Brancato
Mi riferisco all’intervento di pulizia della strada che, situata al ‘confine’ tra il Comune di Roma e quello di Marino, è diventata ‘terra di nessuno’ visto che nessuno dei due Comuni ritiene, con motivazioni assolutamente inaccettabili, di poter intervenire nel mantenerla ad un livello di pulizia e di manutenzione accettabile.
Certamente non vale la considerazione che possa essere considerata come ‘privata’ in quanto sostiene un traffico non indifferente, specialmente in certe ore di punta, visto che viene considerata come un percorso preferenziale che permette di evitare lunghe code ai semafori presenti tra la via Nettunense e la via Appia. Traffico che intasa la già precaria situazione di Santa Maria delle Mole.
E non vale nemmeno il concetto che Roma e Marino fanno parte della stessa Area Metropolitana che dovrebbe costituire un centro decisionale in grado di recepire le istanze originate dai cittadini dei vari Territori che la compongono.
E non vale neanche la situazione favorevole che vede entrambi i Comuni gestiti da rappresentanti eletti nelle liste appartenenti allo stesso Partito.
Ed a nulla valgono le richieste dei cittadini che, da anni e sotto Amministrazioni di vari colori, richiedono la realizzazione di opere come viadotti, gallerie, sottopassi, qualsiasi infrastruttura che renda più agevole il traffico e riduca l’impatto dovuto all’attraversamento di questa nostra cittadina da parte di tutti i traffici provenienti da tutte le direzioni.
Ed allora non ci rimane che assistere al fallimento di una Politica che non è ormai a sostegno dei Cittadini ma è solo indirizzata alla gestione del potere.
E questa considerazione porta a porsi delle domande sul reale significato della parola ‘confine’ che, nella gestione della cosa pubblica assume sempre più il significato di ‘separazione’ con l’erezione di muri di incomprensione e di rivalità, mentre dovrebbe essere considerato come ‘contatto e condivisione’ per la ricerca di soluzioni soddisfacenti per tutti.
Quindi, non ‘limiti’ ma ‘vicinanza’.
Ed è proprio questa collaborazione spontanea, nata tra cittadini romani e marinesi, che ha permesso pulizia della strada con uomini e mezzi residisponibili ‘privatamente’ in un clima pieno di allegria edi entusiasmo.
Un forte messaggio alle forze politiche che abbiamo eletto perché si impegnassero a garantire una corretta gestione delle risorse ed una giusta attenzione alle richieste di chi vive ed opera nei territori, e non per far loro perseguire personali fini di carriera politica.
E, soprattutto, non vorrei che il pensiero dei nostri Amministratori fosse di soddisfazione per il fatto che finalmente lo abbiamo fatto da soli ed il pensiero di quelli che abbandonano i rifiuti fosse di gratitudine per aver liberato degli spazi altrimenti inaccessibili.
E rinnovo ancora una volta l’invito alla nostra cittadinanza di farsi maggiormente ‘parte attiva’ nella ricerca di collaborazione con i nostri Amministratori, alla luce di quella promessa di ‘trasparenza’ che tanto abbiamo apprezzato al momento delle elezioni comunali.
Gianni Morelli