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Avvio della progressiva eliminazione dei prodotti di plastica monouso

 

 

 

Nazionali: Avvio della progressiva eliminazione dei prodotti di plastica monouso

Nazionali
10/03/2022
Domenico Brancato

 

Dal 14 gennaio 2022 è andato in vigore il Decreto legislativo n. 196/2021 in attuazione della direttiva UE 2019/904, che contrasta l’uso della tanto dannosa, per l’Ambiente, plastica usa e getta.
 
 
Decreto che si prefigge di:
 
  • prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica, particolarmente sull’Ambiente acquatico e sulla salute dell’uomo;
  • promuovere la realizzazione dell’economia circolare (sistema economico ideato per potersi rigenerare automaticamente, garantendo l’eco-sostenibilità), attraverso compatibili modelli imprenditoriali e materiali innovativi e sostenibili;
  • contribuire a ridurre i rifiuti;
  • stimolare comportamenti responsabili relativi alla corretta gestione dei rifiuti in plastica;
  • e promuovere l’utilizzo di plastica idonea al diretto contatto con gli alimenti.
 
Le disposizioni dell’ articolo 5 del richiamato Decreto si riferiscono a prodotti in: plastica monouso, (realizzati interamente o parzialmente in plastica che non sono concepiti, progettati o immessi sul mercato per essere restituiti ad un produttore per la ricarica, o per essere comunque riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati”. Come, ad esempio, i contenitori per alimenti secchi e quelli che contengono alimenti in quantità superiore ad una singola porzione); - plastica oxo-degradabile, cioè non biodegradabile (in quanto contenente additivi, che attraverso l’ossidazione, al contatto con l’aria, riducono la materia plastica in microframmenti); e agli attrezzi da pesca contenenti plastica, a cui possono essere stati aggiunti additivi (sostanze chimiche che si aggiungono ad un prodotto per migliorarne le qualità), o altre sostanze aventi la possibile funzione di componenti strutturali principali dei prodotti finiti. Mentre non rientra nel divieto l’immissione dei prodotti realizzati in materiale biodegradabile (che si decompone del 90 %, grazie all’azione di batteri o altri microrganismi, entro 6 mesi, ed è differenziabile, per il riciclo, con la plastica) e compostabile (che degradandosi si trasforma per il 90 %, entro 3 mesi, in sostanza organica, utilizzabile in agricoltura come fertilizzante naturale, e quindi differenziabile con l’umido), conformi allo standard europeo della norma UNI EN 13432 o UNI EN 14995, con percentuali di materia prima rinnovabile uguale o superiore al 40 per cento e, dal 1° Gennaio 2024 , superiore almeno del 60 per cento.
 
L’articolo 6 stabilisce poi i requisiti dei prodotti in plastica monouso elencati nell’allegato C (comprendente: contenitori per bevande con capacità fino a 3 litri e relativi tappi e coperchi , nonché imballaggi compositi di bevande e relativi tappi e coperchi , ma non contenitori in vetro o metallo per bevande con tappi e coperchi di plastica e per bevande destinati e usati per alimenti a fini medici speciali), che, a partire dal 3 luglio 2024, potranno essere immessi sul mercato, se i tappi e i coperchi rimarranno attaccati ai contenitori per la durata dell’uso del prodotto.
L’art. 7, invece, definisce le regole che devono essere riportate sul prodotto o sull’imballaggio, quali: - marcatura in caratteri grandi chiaramente leggibili e indelebili; - modalità di gestione del rifiuto coerenti con i sistemi di raccolta esistenti, nonché le forme di smaltimento da evitare per lo stesso; - e informazione sulla presenza di plastica nel prodotto e la conseguente incidenza negativa sull’ambiente imputabile alla dispersione o a destinazioni improprie del rifiuto).
Regole che rivestono particolare importanza specie per i materiali e oggetti a contatto con gli alimenti –MOCA-, in quanto necessitano di caratteristiche specifiche per poter contenere il cibo. Infatti, detti materiali (imballaggi, recipienti e contenitori adoperati per il trasporto degli alimenti, ma anche pellicole di plastica, fogli di carta o di alluminio, utensili da cucina e tutti i materiali impiegati nei macchinari per la lavorazioni alimentari e quelli a contatto con le bevande), devono sottostare a diversi obblighi per i produttori, per non rappresentare un rischio per la salute dei consumatori.
Data l’importanza di un’appropriata rispondenza nell’impiego, per evitare frequenti errori, è fondamentale conoscere le caratteristiche strutturali dei MOCA e come si comportano una volta che entrano a contatto con il prodotto. Essi sono classificati, in base alla funzione, in: intelligenti (che informano il consumatore circa lo stato di conservazione dei prodotti contenuti, attraverso etichette che cambiano di colore in base allo stato di deperimento del prodotto); attivi (che assorbono o rilasciano sostanze per migliorare la qualità dell’alimento confezionato); e passivi (che rimangono inerti e cioè che non reagiscono con i materiali con cui vengono messi a contatto).
 
A tal riguardo, il Regolamento comunitario Reg (CE) 1935/2004, prevede che tutti i materiali e oggetti, affinché siano ritenuti idonei per l’utilizzo a contatto con gli aliment, in condizioni d’impiego normale o prevedibile, non devono trasferire, agli alimenti stessi, componenti in quantità tale da:
 
  • costituire un pericolo per la salute umana;
  • comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari;
  • consentire un deterioramento delle caratteristiche organolettiche.
 
In Italia, i materiali idonei per stare a contatto con i cibi sono stati regolamentati dal Decreto del “ministro sanità 21 Marzo 1973” e sono: materie plastiche, gomma, cellulosa rigenerata, carta e cartone, vetro, acciaio inossidabile, banda stagnata, banda cromata verniciata, ceramica e alluminio.
In effetti, però, non esiste un materiale migliore dell’altro, ma solo quello più adatto ad un determinato alimento. La plastica è certamente tra i materiali più utilizzati per il cibo, ma è sensibile al calore, e quindi inadatto per alimenti al di sopra di un certo livello di temperatura, a causa di una possibile migrazione di sostanze contenute e aggiunte alla materia grezza per migliorarne le sue proprietà, come: additivi, sostanze coloranti, plastificanti e antiossidanti. Per cui, al fine di evitare inconvenienti, sui materiali stessi sono riportate, con dei simboli, le indicazioni sul corretto uso degli oggetti di plastica in forno tradizionale, a microonde o in lavastoviglie.
 
Tutti i materiali in plastica, in più, presentano delle sigle che è opportuno non trascurare di leggere e decodificare, per il loro corretto utilizzo, come di seguito specificato:
  • Pet (Polietilene tereftalato) : materiale per bottiglie di plastica per bibite ed acqua, che non dovrebbero essere riutilizzate, in quanto monouso e molto suscettibili al calore, che ne provoca il deterioramento;
  • Hdpe o Pe (Polietilene ad alta densità): è la plastica più sicura perché non ha nessuna reattività e non viene utilizzato nessun additivo per la sua produzione;
  • Pvc (Polivinilcloruro): materiale di cui è composta la pellicola trasparente per alimenti, che è più suscettibile a reazioni, quindi non va assolutamente accostata a cibi caldi, o acidi, o grassi, per la facilità che si verifichi migrazione di additivi, antiossidanti e coloranti nei loro confronti;
  • Ps (Polistirolo o polistirene espanso – EPS-): usato per le sue doti di isolamento termico in forma di contenitori per il trasporto di alimenti ed altro, che contenendo l’idrocarburo stirene, dall’IARC è stato inscritto nella categoria 2°. Ossia probabile cancerogeno e sicuro genotossico ( cioè tossico per la riproduzione). Pertanto, su proposta del Comitato di valutazione dei rischi – RAC-, nella scheda di sicurezza presente sugli imballaggi, dovrà essere riprodotto il simbolo di pericolo: cuore che esplode di colore nero, e non più il simbolo di avvertenza: punto esclamativo di colore nero.
  • Ldpe (Polietilene a bassa densità): plastica con la quale si producono i sacchetti per congelare i cibi, consigliata solo per questa funzione.
 
Il Ministero della transizione ecologica e quello dello sviluppo economico, al fine di ridurre in modo consistente entro il 2026, rispetto al 2022 , il consumo dei seguenti prodotti in plastica:
 
  • tazze o bicchieri per bevande, compreso tappi e coperchi;
  • e contenitori, con o senza coperchio, usati per alimenti destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto, generalmente consumati direttamente dal recipiente e pronti per il consumo senza ulteriore cottura, bollitura o riscaldamento, ivi compresi quelli per alimenti tipo fast food o per altri pasti pronti per il consumo immediato, ad eccezione di contenitori per bevande , piatti pacchetti e involucri contenenti alimenti;
 
si prefiggono obiettivi mirati a sperimentare, promuovere, attuare e sviluppare processi produttivi, distributivi e di tecnologie idonei a prevenire e ridurre la produzione dei rifiuti derivanti da prodotti in plastica monouso, attraverso interventi inerenti:
 
  • il regime di responsabilità del produttore;
  • la raccolta differenziata;
  • misure di sensibilizzazione attraverso il modello “scuola per un futuro sostenibile” per educare i bambini allo smaltimento, al riciclo e al riuso, al fine di ridurre il consumo di prodotti monouso in plastica, anche nelle scuole, entro l’anno scolastico 2025 – 2026;
  • la strategia nazionale per la lotta contro l’inquinamento da plastica, comprendente misure volte ad incentivare l’adozione di un comportamento responsabile nell’acquisto di prodotti in plastica monouso e di attrezzi pesca. Al fine di non incorrere alle conseguenze dell’applicazione del regime sanzionatorio contenuto nell’art. 14 del Decreto che, in violazione del disposto del citato articolo 5, prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 25.000 euro, e stessi importi per chi immette sul mercato, o mette a disposizione prodotti che presentano caratteristiche difformi da quelle indicati dall’art.6, o che sono privi dei requisiti di marcatura, di cui all’art. 7, in precedenza citati.
 
Comunque sarebbe preferibile, a prescindere dalle sanzioni e dalle proroghe concesse per il proseguimento del consumo di tali prodotti, fino ad esaurimento delle scorte, che tutti i soggetti coinvolti nella produzione ed il consumo degli oggetti che vengono rinvenuti più frequentemente e copiosamente sulle spiagge (Bottiglie e tappi, mozziconi di sigaretta, cotton-fioc, pacchetti per patatine, carte per caramelle, assorbenti igienici, buste di plastica, posate e cannucce, coperchi di bibite e tazze, palloncini e relativi bastoncini e contenitori di cibo compresi quelli del fast-food, oltre ai rifiuti provenienti dalle attrezzature per la pesca); dei quali, i monouso ( posate di plastica, bottiglie, mozziconi di sigaretta e cotton- fioc), costituiscono più della metà del totale dei rifiuti marini; contribuissero, facendo ricorso, sin da subito, sia all’ampliamento della produzione dei citati oggetti inquinanti, attraverso l’impiego di materie prime sostenibili alternative alla plastica, che all’utilizzo della versione alternativa dei prodotti monouso (cotton fioc, posate, piatti, cannucce, bastoncini mescola bevande e bastoncini da palloncino), già disponibile sul mercato.
 
Poiché, solo una generale decisione in tal senso potrebbe consentire di arrestare, tempestivamente, il crescente accumulo di tali rifiuti e di contenere i devastanti loro effetti, che trovano riscontro nei seguenti dati e stime diramati dal Parlamento europeo:
 
 
  • Tipologia di rifiuti marini: non plastici 24 %; plastiche provenienti da attrezzature da pesca 27 %, plastiche monouso 49 %;
  • Entità rifiuti di plastica negli oceani: attualmente più di 150 milioni di tonnellate, suscettibile di un incremento annuo, da 4,8 a 12,7 milioni di tonnellate;
 
  • Problemi conseguenti ai rifiuti di plastica negli oceani riguardanti:
  • La Fauna: morte degli animali, che restano impigliati o che ingeriscono oggetti di plastica;
  • Salute umana: conseguenze derivanti dall’esposizione a microplastiche ( che ,secondo le più recenti ricerche della Commonwealth Industrial and Scientific Organization, sul fondo degli oceani ce ne potrebbero essere circa 14,4 milioni di tonnellate) e sostanze chimiche, attraverso la catena alimentare;
  • Economia: il danno a discapito principalmente dei settori turistico e ittico (per il calo della domanda a causa della preoccupazione sulla qualità dei prodotti) ammonta a 259 - 695 milioni di euro l’anno;
  • Clima: riciclare 1 milione di tonnellate di plastica equivarrebbe, in termini di emissioni di C02, a togliere 1 milione di auto dalle strade.
 
L’Unione Europea, nell’intento di promuovere il conseguimento di un obiettivo talmente inderogabile, ha: - adottato il divieto totale dell’uso degli oggetti di plastica monouso e dei contenitori per cibo da fast-food in poliestere (polistirolo); -l’estensione del principio “chi inquina, paga” alle Aziende multinazionali del tabacco e produttrici di attrezzature per la pesca; - approvato la proposta di raggiungere, entro il 2029, la raccolta del 90 % delle bottiglie di plastica, soprattutto, attraverso il sistema dei vuoti a rendere. Stabilendo che il materiale utilizzato per produrle debba provenire, per il 25 % e del 30 %, rispettivamente entro il 2025 e 2030, dalla plastica riciclata; - e sancito l’obbligo di etichettatura per i prodotti di tabacco con filtri, bicchieri di plastica, assorbenti igienici e salviettine umidificate, affinché gli utenti sappiano come smaltirli correttamente.
Tutto ciò per scongiurare il fondato pericolo, secondo quanto confermato da una recente stima, che i risultati di una cultura basata sull’uso e lo spreco degli oggetti monouso, faccia sì che, entro il 2050, il peso delle plastiche presenti nei mari divenga superiore a quello dei pesci.
Cultura, che ci si augura, non costituisca ostacolo al senso di responsabilità che, in tal caso, si impone per valutare oggettivamente l’importanza dei gravi danni derivabili dall’eventuale protrarsi della diffusa utilizzazione di oggetti realizzati con tipologie di plastica rivelatasi incompatibili e pregiudizievoli, dal punto di vista ambientale, economico e soprattutto sanitario.
Anche perché, essendo stato ampiamente accertato che I prodotti usa e getta (che trovano riscontro nelle invenzioni dei piatti di carta, nel 1867; dei bicchieri di carta, nel 1908, delle stoviglie, disponibili dal 1930, e nel rilevante risparmio di tempo che consentono nelle faccende domestiche e nella loro rispondenza dal punto di vista igienico), per una serie di fattori negativi, attribuibili alla composizione della materie prime via via impiegate, superano, di gran lunga, per nocività i citati vantaggi fruiti e fruibili, si è giunti alla annunciata determinazione dell’ imposizione dell’obbligo di divieto della loro produzione.
 
Come, del resto, accaduto in passato per altri prodotti che hanno avuto larghissimo impiego e notevole rilevanza socio-economica, quali:
 
- il Ddt (Dicloro-Difenil-Tricloroetano): primo fondamentale insetticida moderno persistente (che rimane nell’ambiente per periodi di tempo relativamente lunghi), con impatti ecologici negativi ad ampio raggio. Usato, dal 1939, per debellare la Malaria, ma poi, dal 1978, proibito. In quanto, per l’Unione europea presentava possibili effetti cancerogeni e l’Agenzia Internazionale per il cancro (IARC) l’aveva inserito nella categoria 2B, corrispondente a “possibile cancerogeno;
 
- l’Amianto o Asbesto: materiale formato da un insieme di minerali naturali fibrosi, in associazione con vari metalli (Alluminio, Ferro, Manganese, Magnesio e Calcio), che oltre ad essere flessibile è particolarmente resistente al fuoco, al calore e alle sostanze chimiche. In Italia, a partire dal 1907 e fino al 1977, ha trovato, sotto forma di prodotti di cemento-amianto (Eternit), ampio impiego, specialmente nel settore delle costruzioni, per la produzione di contenitori e tubature per il deposito e la distribuzione dell’acqua potabile; oltre che in molte altre applicazioni, per lo sfruttamento delle specifiche proprietà di isolante termico ed elettrico. Fin quando, nel 1981, alcuni operai intentavano causa, poi vinta, contro una fabbrica di Eternit e l’Inail, per il riconoscimento di danni soprattutto a livello polmonare: tumore del polmone e mesotelioma pleurico. Per cui, nel 1987, il sindaco di Casal Monferrato (sede del più grande stabilimento di Eternit in Europa) ne vieta l’uso, in qualsiasi costruzione in tutto il suo territorio di competenza. E solo nel 1994, entra in vigore la legge n. 257 del 1992 che proibisce l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione di tutti i materiali contenenti questo minerale. Provvedimento al quale ha fatto seguito, nel 2003, l’emanazione della legge che ordina lo smaltimento di tutti i manufatti in Eternit. Nonostante ciò, ancora oggi, gran parte dei manufatti attendono di essere rimossi e, per conseguenze postume nel mondo del lavoro, a livello nazionale, si registrano più di 3000 decessi l’anno.
 
Il ricorso al riferimento dei summenzionati prodotti, che hanno subito la stessa sorte degli oggetti “usa e getta”; trova motivo nell’introduzione di una non trascurabile riflessione sui tempi necessari per annullare gli accumuli dei loro pesanti effetti negativi, prima che questi si manifestassero e che le Istituzioni adottassero le necessarie misure per vietarne l’uso. Misure che, l’esperienza insegna, affinché possano risultare tempestive ed efficaci, necessitano, oltre che di norme inequivocabili, esaurienti e tali da potersi realisticamente rispettare; di una imprescindibile fattiva disponibilità degli utenti ad adeguare le loro abitudini al prosieguo del soddisfacimento delle loro esigenze, tramite soluzioni alternative.
 
Condizioni, il verificarsi delle quali rimane, quindi, imprescindibilmente subordinato al conseguimento di auspicabili risultati concernenti: una solerte rinuncia dell’uso dei prodotti rivelatisi nocivi; il tempestivo controllo delle loro perduranti postume conseguenze e la celerità della riconversione dei processi produttivi dei materiali con plastiche totalmente riciclabili e/o compostabili. Onde evitare che finiscano, come scarto, a terra, in acqua e quindi in mare: dove, secondo un rapporto dell’Agenzia Ambientale delle Nazioni Unite (Unep), solo nel Mediterraneo, ne confluiscono 731 tonnellate al giorno, tanto da essere definito “Un mare di plastica”.
 
Scarti che, a loro volta, danno origine alle microplastiche (che l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare –EFSA- definisce: particelle di dimensioni comprese tra 0,1 e 5000 micrometri, equivalenti a 0,1 - 5000 milionesimi di metro o millesimi di millimetro), delle quali, secondo uno studio svolto dall’Università inglese di Newcastle, ne ingeriremmo ben cinque grammi a settimana (provenienti principalmente dall’acqua in bottiglia). E recenti studi, condotti in tutto il mondo, hanno rivelato che, date le loro prevalenti infinitesime dimensioni, risultano presenti: nella pioggia, nel cibo, nell’aria che respiriamo e (secondo quanto riportato in uno studio pubblicato su Environment International, da un gruppo di ricercatori dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma e dell’Università Politecnica delle Marche) perfino nella placenta umana. Presenze che, a lungo andare, possono interferire con il sistema endocrino, fino a produrre alterazioni genetiche.
Pur tuttavia, la descrizione della gravità dell’entità delle fonti d’inquinamento di cui sopra, nell’immediato, assumono una dimensione certamente non comparabile alla portata dell’immane tragedia causata dagli assurdi intenti di prevaricazione che alimentano, con ostinata crudeltà, una implacabile, impari e fratricida azione bellica di annientamento di una Nazione: l’UCRAINA. Nazione alla quale le si attribuisce il torto di rivendicare il sacrosanto diritto alla pace, alla libertà ed alla legittima indipendenza.
Scenario di guerra che, purtroppo, non esclude possibili imprevedibili ancor più catastrofici sviluppi, a livello mondiale. Il che non può non diffonde in tutti noi una condizione di inquietudine derivante dall’immedesimazione di trovarci, improvvisamente, nelle medesime condizioni di coloro che stanno subendo le atrocità della guerra. Condizioni, che inducono a sperare immensamente che almeno un barlume di umanità e di apprezzamento del valore della vita affiorino nelle tenebrose e perverse menti decisionali di tanto orrore. Affinchè, la cessazione delle drammatiche ostilità in atto, congiuntamente ad un maggiormente efficace controllo della contemporanea, ancora aggressiva, pandemia da Covid, permettano il ritorno all’universalmente invocato ripristino della PACE e della tranquillità.
Tranquillità indispensabile per consentire di convogliare le energie mentali verso le, in precedenza descritte, tipologie di azioni ed accorgimenti mirate/i a migliorare il livello delle condizioni esistenziali, e non per escogitare strategie per scongiurare la successione di incombenti pericoli di ogni sorta.

 

 

Domenico Brancato
10/03/2022
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