La nuova norma contenuta nell’ultima Legge di Bilancio stabilisce, infatti, che a partire dal 1° Luglio 2018 i datori di lavoro non potranno più effettuare pagamenti con denaro liquido, sia della busta paga e sia degli acconti delle retribuzioni.
I pagamenti, pertanto, si potranno effettuare esclusivamente con buste paga tracciabili, tramite una delle seguenti modalità:
La norma stabilisce, inoltre, che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce, in nessun caso, prova dell’avvenuto pagamento dello stipendio.
Il divieto di pagamento degli stipendi in contanti si applica a tutti i rapporti di lavoro subordinato, indipendentementedalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto ed in particolare nei casi di:
Viceversa, il divieto non si applica ai:
Lo scopo dell’applicazione della richiamata norma è quello di combattere il cosiddetto lavoro “grigio” che si stava diffondendo in molte aziende,consistente nel pagamento dello stipendio in contanti ai lavoratori, riconoscendo loro un salario più basso rispetto a quello netto presente in busta paga.
Ciò nonostante, qualche ostinato datore di lavoro sembra abbia escogitato il sistema per tentare di aggirare la norma, pretendendo di avere indietro una parte del pagamento direttamente dal lavoratore in contante. Ma in tal caso, con il pagamento tracciato il lavoratore sarà consapevole del fatto che la sua retribuzione risulta inferiore a quella realmente spettante e, di conseguenza, dispone degli elementi probanti per agire contro il datore di lavoro o il committente.
A tal proposito, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro – INL - con nota del 22 Maggio 2018, n° 4538, precisa che la violazione della tracciabilità delle buste paga non è diffidabile, in quanto trattasi di un illecito non materialmente sanabile e che la violazione si compie non solo quando non vengono usati sistemi di pagamento tracciabili per la corresponsione delle retribuzioni, ma anche quando questi vengono usati in maniera elusiva, come nel caso di pagamento a mezzo bonifico, che poi viene revocato.
Infine, la norma prevede che il datore di lavoro o il committente che viola l’obbligo di pagamento tracciato delle retribuzioni, è punibile con una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma variabile da 1.000 a 5.000 euro, alla quale, inevitabilmente, si aggiungono gli ovvi pregiudizievoli riflessi di natura morale e professionale.
Articolo redatto dal Professor Domenico Brancato
MULTE E DIVIETI PER CHI LANCIA LANTERNE CINESI SENZA LA PREVENTIVA AUTORIZZAZIONE DELL’AUTORITA’ COMPETENTE
Le lanterne cinesi o lanterne volanti oKhom fai, come è noto sono piccole lanterne di carta che si sollevano in aria per effetto dello stesso principio che consente di far alzare le mongolfiere.
Esse sono composte da una struttura rigida rivestita di carta, comprendente al loro interno una fonte di calore che, scaldando l’aria, ne consente il sollevamento.
In Italia non esiste una specifica legge che ne disciplinil’uso, anche se non mancano normative regionali e ordinanze comunali che pongono limiti e divieti.
Motivo per cui, per le modalità da rispettare per l’utilizzazione, per affinità con le lanterne cinesi, si fa ricorso al contenuto dell’art. 57 del testo Unico di Pubblica Sicurezza R.D. 18 Giugno 1931, n° 773, secondo il quale: “Senza licenza dell’autorità di Pubblica Sicurezza non possono spararsi armi da fuoco né lanciare razzi, accendersi fuochi d’artificio, innalzarsi aerostati con fiamme, o in genere fare esplosioni o accensioni pericolose in un luogo abitato, o nelle sue adiacenze, o lungo una via pubblica o in direzione di essa”.
Ne discende pertanto che senza apposita licenza, “sarebbe” vietato il lancio in aria delle, apparentemente, innocue lanterne.
Ciò, anche:
In riferimento a quanto sopra esposto, per evitare gravi rischi per la salute dei cittadini ed in considerazione del potenziale pericolo che tali dispositivi possono rappresentare per l’innesco di incendi, soprattutto durante la stagione estiva, molti Comuni, in ottemperanza alla richiamata normativa, hanno emanato, specie per tale periodo, ordinanze che impongono il divieto di lancio delle lanterne senza regolare autorizzazione e disposto,per i trasgressori, l’applicazione di multe pecuniarie da 25 a 500 euro (Art. 7 bis, comma 1 D.Lgl. 18 Agosto 2000, n. 267. In qualche caso elevate da un minimo di 5.000 ad un massimo di 15.000 euro, oltre ad ulteriori sanzioni penali ed amministrative previste dalla legge ed al sequestro dei prodotti oggetto della trasgressione.
Ma poiché il lancio delle lanterne, in genere, è una festosa sfida fra Bambini impegnati in numerosi tentativi finalizzati a conquistare il primato della quota più elevata, i genitori, a prescindere dalle imposizioni normative, farebbero bene, autonomamente, oltre che a munirsi delle apposite autorizzazioni, ad accertarsi che i dispositivi manipolati ripetutamente ed inconsciamente dai loro figli, dispongano di caratteristiche qualitative tali da escludere i non trascurabili citati rischi derivabili da contaminazione da amianto.
Articolo redatto dal Professor D. Brancato