Per affrontare il tema della lesione della cuffia dei rotatori è importante dedicare qualche istante alla descrizione di quella che è la morfologia e anatomia della struttura scheletrica della spalla, costituita da:
1. Scapola
2. Omero
3. Clavicola
Queste tre importanti ossa si congiungono tra loro componendo l’articolazione scapolo omerale e acromion clavicolare. Tale struttura che viene impiegata per lo svolgimento di movimenti ampi e innumerevoli funzioni ha bisogno di essere sostenuta e supportata da una serie di strutture muscolo legamentose che nel loro insieme vengono definite cuffia dei rotatori.
I muscoli che compongono la cuffia dei rotatori sono:
1. Sovraspinato
2. Sottoscapolare
3. Sottospinato
4. Capo lungo del bicipite
5. Piccolo pettorale
La spalla facendosi carico di movimenti e funzionalità innumerevoli può rischiare una compromissione a causa di: una postura scorretta, come ad esempio una spalla anteposta e un dorso piatto; un overuse, indichiamo con questo termine un lavoro eccessivo e ripetuto nel tempo a carico della spalla, immaginiamo ad esempio gli allenamenti di un atleta che svolge il lancio del peso o il sollevamento pesi; un attività lavorativa in cui quotidianamente vengono sollevati dei pesi; un trauma come una caduta o un incidente
L’usura dei tendini dei muscoli della cuffia dei rotatori può essere di due gradi:
1. Lesione parziale: in questo caso molte persone non si rendono neanche conto della lesione.
2. Rottura completa: il paziente avverte moltissimi dolori e impossibilità nell’esecuzione di alcuni movimenti del braccio.
La lesione parziale o totale ha una forte incidenza sulla qualità della vita, interessando movimenti come: tirare su il braccio per afferrare qualcosa o indossare indumenti; portare il braccio dietro il tronco per allacciare qualcosa; infilare una giacca; prendere un oggetto all’esterno
Con la collaborazione dello staff dello studio fisioterapico Mira abbiamo ricostruito gli step che permettono di intervenire sulla patologia.
In prima istanza è fondamentale diagnosticare con uno specialista il tipo di lesione, il livello e il muscolo coinvolto. L’esame da prediligere è la risonanza magnetica che permette di verificare lo stato effettivo dell’articolazione (l’ecografia evidenzia la lesione ma rileva lo stato effettivo).
In seguito alla diagnosi e accertato lo stato dell’articolazione l’intervento fisioterapico e riabilitativo si sviluppa in tre fasi:
1. A breve termine: In questa fase il lavoro interessa la sintomatologia in fase acuta intervenendo con terapie antinfiammatorie e antalgiche, per togliere e ridurre la sintomatologia dolorosa, come:
Hilterapia
Laser terapia
Tecar terapia
Mobilizzazione passiva
2. A medio termine: in questa fase si intervenire con l’obiettivo di rilassare la muscolatura, che dovendo sopperire alla mancanza o debolezza della struttura muscolare coinvolta si è contratta e quindi è andata in protezione. Il fisioterapista ricorrerà a terapie decontratturanti, come:
Masso terapia
Rieducazione motoria passiva e attiva assistita
3. A medio lungo termine: in questa fase l’obiettivo è quello di ricreare la funzionalità dell’articolazione e quindi il movimento. E’ possibile dunque lavorare sul concetto di stabilizzazione dinamica ricorrendo alla:
Rieducazione motoria
Ginnastica posturale.
Alessandra Benassi |
27/02/2019 Articolo letto 1.058 volte |
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