Un parere del Consiglio di Stato, dà il via libera all’uso di sacchetti bio frutta e verdura reperiti autonomamente dal consumatore, purché conformi agli standard imposti dalla normativa sui materiali a contatto con gli alimenti.
I quesiti presi in considerazione dal Consiglio di Stato, fra quelli pervenuti al Ministero, si riferiscono alla possibilità, da parte dei consumatori, di utilizzare borse e contenitori di qualsiasi natura in loro possesso.
In quanto,gli shoppers (sacchetti di carta o plastica distribuiti ai clienti di negozi per il trasporto di prodotti acquistati al minuto) biodegradabili e compostabili ultraleggeri che vengono usualmente adoperati negli esercizi commerciali, in quantità non trascurabili (dovendo contenere varie tipologie di frutta e verdura dal peso e prezzi diversi), a seguito della nuova disposizione:dal primo Gennaio 2018, vengono ceduti al prezzo medio di 2 centesimi ( pari ad una spesa, per famiglia,di 15-20 euro l’anno), riscontrabile sullo scontrino o sulla fattura di acquisto, destinati in parte al negozio ed in parte allo Stato.
A differenza dei vecchi sacchetti di plastica che venivano, apparentemente, distribuiti gratuitamente, dato che il loro costo veniva pagato dagli esercenti che, però, lo ricaricavano poi sul prezzo finale dei prodotti.
Il Consiglio, a tal proposito, tiene a precisare che, in riferimento alla normativa nazionale e comunitaria, gli scopi principali dell’imposizione del pagamento dei contenitori “ bio “hanno come obiettivo quello di:
Come dimostrano i calcoli elaborati dall’Agenzia per l’ambiente, secondo i quali, per produrre un Kg dei sacchetti di polietilene ad alta densità occorrono ca. 900 grammi di petrolio, dai quali derivano emissioni climalteranti relativi alla formazione di 2 Kg di CO2 ( Anidride carbonica ) equivalenti. E poiché in Italia, secondo Legambiente, si producono 300.000 tonnellate (pari a 20 miliardi di sacchetti, corrispondenti ad un consumo pro-capite di ca. 250 all’anno ) di shopper provenienti dal petrolio ( a fronte dei 500 – 1000 e 100 miliardi di sacchetti di plastica che vengono consumati annualmente, rispettivamente: nel mondo ed in Europa),si ha un’emissione in atmosfera di ben 200.000 tonnellate di Co2.
Situazione che induceva l’Italia a correre ai ripari, con un Dispositivo della Legge Finanziarie del 2007, che recepiva una Direttiva Comunitaria del Dicembre 1994 ( la 94/62/Ce ), relativa al divieto,a partire dal primo Gennaio 2011, della produzione e commercializzazione di shopper non biodegradabili “ a canottiera “ ( cioè con i manici ) destinati all’alimentazione,con la concessione di qualche mese, dalla decorrenza del divieto, a supermercati e negozi per consentire lo smaltimento delle scorte.
Dispositivo che, fra l’altro, prevedeva la sostituzione dei sacchetti di plastica con i cosiddetti eco-shopper in carta o “ bioplastica “ . Cioè con polimeri biodegradabili, compostabili, dello spessore inferiore a 15 micron( 15 millesimi di millimetro ) ricavati, prevalentemente, da amido di Mais, di Patate e Girasole.
Denominazione di polimeri dei quali è bene precisare la differenza, per evitare di considerarli dei sinonimi, mentre esistono sostanziali differenze ai fini della loro composizione e destinazione d’impiego, come di seguito specificato:
Se poi finiscono in mare vengono scambiati per plancton dai pesci e quindi ingeriti, per poi, tramite la catena alimentare, giungere sulle nostre tavole. Per cui, ai fini di non trarre in inganno i consumatori, alcuni autorevoli esponenti dell’industria del settore propongono di sostituire “ degradabili”con la più appropriata definizione di “ oxo-frammentabili” oppure “ termo o foto frammentabili”;
Sacchetti che, secondo i calcoli di Legambiente, in Italia se ne consumano ca. 10 miliardi, per produrre i quali occorrono 30 mila ettari coltivati a Mais (Cereale del quale l’Italia, per coprire il fabbisogno, ne importa già il 35 %), ai quali si aggiunge la richiesta,in continuo aumento, di aree coltivabili per la produzione di agrocarburanti. Il che comporta un considerevole impiego di acqua irrigua, antiparassitari e fertilizzanti chimici che inquinano le falde acquifere e immettono nell’aria gas serra. Un dispendio di preziose materie prime e conseguenze di natura ambientale che non possono trovare una plausibile convenienza nella fornitura di materiale monouso ( al più riusabile per contenere i rifiuti organici ) che, a detta di Silvia Ricci, coordinatrice della campagna “ Porta la sporta “, si può giustificare soltanto per una temporanea soluzione di emergenza.
In tal senso, una risposta valida e di immediata attuazione, se presa in considerazione dalla maggior parte dai Cittadini, potrebbe trovare riscontro nella semplice, ma efficacissima, applicazione della regola delle “4 R “:Rifiuta ( l’usa e getta); Riduci ( al minimo indispensabile le confezioni); Riusa (nel caso specifico, quanto più possibile, i contenitori ) e Ricicla (per ottenere nuovi prodotti, quando viene a mancare la possibilità di usare ancora quelli originali).
Ipotesi che trovano già, anche se in parte,riscontro nell’impiego delle borse di tela da esporto (per contenere e portar via i vari prodotti acquistati) e nei trolley.
Altra interessante soluzione che potrebbe trovare il favore della moltitudine di utenti dei supermercati e dei negozi di generi alimentari e contribuire a ridurre l’impiego di preziose materie prime, è una borsa in cotone e rete molto resistente, durevole e di modico prezzo, progettata e realizzata da una Azienda di Asti, destinata, secondo il suo Amministratore delegato, a sostituire i sacchetti trasparenti da pesare,a pagamento, contando sulla disponibilità e condivisione degli esercenti di dotarsi di bilance con la tara predisposta all’utilizzo del descritto contenitore.
Soluzione che consentirebbe di ovviare anche ad alcuni inconvenienti: -dovuti alla constatazione di intralci che i sacchetti, che dal 1° Gennaio la legge ci impone di usare al supermercato, creerebbero negli impianti di compostaggio della provincia di Bolzano; -e causati, secondo segnalazioni espresse dal Consorzio Italiano Compostatori, dalle etichette non bio applicate sui sacchetti recanti il peso ed il costo del contenuto.
Inconvenienti che, a breve, si prevede possano essere eliminati, anche con l’avvento di un nuovo bio-polimero, denominato “ Minerv – PHA”, ottenibile da scarti della lavorazione dello zucchero da barbabietola: il melasso che, a differenza del Mais ed altri prodotti vegetali, non solo non è destinabile all’alimentazione umana ma che attualmente ha, addirittura, un costo per essere smaltito. Invece, grazie alla realizzazione di questo progetto, ancora in fase sperimentale, l’inutile e oneroso scarto viene trasformato in materia prima per la produzione di un materiale plastico autenticamente bio, in grado di dissolversi in appena 10 giorni, senza residuo, sia nel terreno che in acqua dolce e di mare.
Insomma, secondo gli esperti del settore, trattasi di materiale che presenta il grande vantaggio di provenire da materie prime povere e naturali trasformabili in elementi rinnovabili ad alto valore aggiunto, in sintonia con i principi dell’ “ Economia:
Comunque, in attesa che si concretizzino le descritte ipotesi di contenitori più rispondenti strutturalmente ed economicamente al fabbisogno dei consumatori, come premesso, il Consiglio di Stato, considerato che il contenitore della merce è un bene avente un valore autonomo ed indipendente da quello del contenuto, ha riconosciuto la facoltà del loro acquisto all’esterno dell’esercizio commerciale nel quale saranno poi utilizzati.
Pertanto, come premesso, i consumatori potranno utilizzare sacchetti dagli stessi reperiti e gli operatori del settore alimentare non potranno impedire tale facoltà. Anche se a loro è riservata la verifica della conformità dei sacchetti utilizzati dal consumatore con quelli rispondenti alle disposizione di legge (cfr.reg.CE 1935/2004), messi a disposizione nell’esercizio commerciale. Ciò comporta, la comminazione di multe,da 2.500 a 100.000 euro, a carico degli esercenti, nei casi di riscontro di un ingente quantitativo di buste non conformi odi un valore di sacchetti fuori legge superiore il 10 % del fatturato del trasgressore.
Articolo redatto dal Professor Domenico Brancato
Domenico Brancato |
11/05/2018 Articolo letto 991 volte |
Vuoi essere subito avvisato via mail quando un articolo come questo viene pubblicato?
Vai a fine pagina e clicca sul bottone verde "RIMANI INFORMATO"