Ictus e riabilitazione neuro-motoria
In Italia le malattie cardiovascolari rappresentano le principali cause di invalidità e mortalità. Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica riferisce che il 44% dei decessi è imputabile a cardiopatie ischemiche (infarti cardiaci) ed accidenti cerebrovascolari (ictus ischemici o emorragici). Le malattie cardiovascolari sono un gruppo di patologie a carico del cuore o dei vasi sanguigni.
Il cuore è un muscolo composto da quattro parti (cavità): atrio destro, atrio sinistro, ventricolo destro e ventricolo sinistro. Il sangue povero di ossigeno, arriva al cuore da tutti gli organi tramite le vene cave. Entra nell’atrio destro, e passa nel ventricolo destro. Da questo viene pompato nelle arterie. Nel polmone il sangue si ossigena. Da qui ritorna nell’atrio sinistro e passa nel ventricolo sinistro. Da questo viene pompato nell’arteria aorta e da questa in tutte le arterie che lo distribuiscono ai vari organi. Tra gli organi irrorati dal sangue, grazie all’incessante lavoro delle arterie carotidi interne e delle arterie vertebrali, troviamo anche il cervello. Quando il circolo cuore-vasi-cervello viene interrotto per qualche motivo (infarto cardiaco, rottura di un vaso, ostruzione di un vaso) si va incontro a danni cerebrali, più o meno gravi.
Il cervello è il più meraviglioso e complesso organo del nostro corpo. Esso pesa circa 1.5 Kg ed è situato nel cranio. È grazie al cervello che noi possiamo respirare, mangiare, parlare, muoverci, interagire con il mondo, pensare e svolgere tutte le attività che ci permetto di soddisfare i nostri bisogni primari e secondari. Quest’organo funge da direttore d’orchestra dell’intero organismo, coordinando tutti gli altri apparati. Il cervello, insieme al tronco encefalo ed al cervelletto, costituisce l’encefalo, organo appartenente al Sistema Nervoso Centrale. Questa struttura si costituisce di neuroni, cellule che formano il tessuto nervoso e che sono specializzate nel ricevere, elaborare e trasmettere impulsi nervosi.
Il cervello si costituisce di una complessa architettura. Esso si divide in due emisferi: il destro e il sinistro. Ognuna di queste due parti controlla il lato opposto del corpo (emisfero destro controlla la parte sinistra del nostro corpo e viceversa). Inoltre, studi hanno dimostrato che in generale l’emisfero sinistro è dominante per le funzioni del calcolo e dell’abilità logica e matematica mentre il destro risulta dominante per la capacità di riconoscere le facce, le abilità spaziali e le immagini.
Ogni emisfero può essere idealmente ulteriormente suddiviso in quattro regioni: lobo frontale; lobo parietale; lobo occipitale; lobo temporale. Ciascuno di essi è deputato al controllo di più funzioni, motorie e cognitive. Le funzioni cognitive rappresentano tutte quelle abilità che permettono ad ogni essere umano di percepire, memorizzare, elaborare, manipolare ed esprimere informazioni al fine di svolgere qualsiasi compito dal più semplice al più complesso. Tra le funzioni cognitive individuiamo: attenzione, memoria, pianificazione, linguaggio, autocontrollo, risoluzione di problemi, elaborazione di informazioni sensoriali, orientamento nel tempo e nello spazio, elaborazione di movimenti complessi non automatici etc.
Cosa succede se il cervello subisce un danno cardio-vascolare?
Come precedentemente affermato la nostra società è altamente a rischio per patologie cardio-vascolari. Un ipo-funzionamento del cuore (infarto), la rottura di un vaso (emorragia) o l’ostruzione di un’arteria (ischemia cerebrale) può comportare assenza temporanea di flusso sanguigno al cervello e, a seconda della durata, provocare danni permanenti o morte cerebrale.
Le conseguenze di tale ipossia dipendono dalla parte del cervello che viene danneggiata e dalla gravità del danno. La stessa ripresa, seguente a cicli di riabilitazione neuro-motoria, è fortemente dipendente dal tipo di danno, dalla gravità e dall’età dell’individuo. Tra i danni che può comportare un ictus:
Come si riconosce un ictus in fase acuta?
I sintomi dell’ictus, che possono comparire all’improvviso, sono i seguenti:
1) debolezza o intorpidimento di faccia, braccia o gambe, soprattutto di un lato del corpo;
2) vertigini, difficoltà a camminare, perdita di equilibrio e coordinazione;
3) confusione, difficoltà nel parlare e nel capire;
4) problemi alla vista (a uno o entrambi gli occhi);
5) fortissimo mal di testa senza una causa apparente.
Cosa fare in caso di ictus?
Le ore che seguono i primissimi sintomi dell’ictus sono cruciali. È bene, se ci si trova davanti a questi sintomi, recarsi urgentemente in pronto soccorso. La precocità nei soccorsi consente di migliorare le possibilità di cura immediata e di ridurre il rischio di invalidità permanente. Per questo occorre fare molta attenzione ai segni premonitori.
Si guarisce dopo un ictus?
Come accennato precedentemente le conseguenze di un ictus dipendono da tre fattori fondamentali:
Una volta stabilizzatasi la situazione acuta, il soggetto colpito viene sottoposto a cicli di riabilitazione neuro-motoria che includono fisioterapia, logopedia, terapia neuropsicologica e terapia occupazionale (oltre al supporto psicologico) coordinate da specialisti quali neurologo, fisiatra e foniatra. L’equipe, specializzata in assistenza e riabilitazione neuro-motoria, lavorerà con tre obiettivi:
Come prevenire un ictus?
Abbiate cura della vostra salute!
Il paddle è lo sport del momento, venne ideato nel 1898 dallo statunitense Frank Beal che lo chiamò così poiché si pratica con una racchetta a piatto solido “paddle racquet” . Possiamo descriverlo come un mix di dinamiche, un incontro tra il tennis e lo squash in quanto viene svolto su un campo di gioco, di 20×10 metri e caratterizzato da muri di fondocampo che sono parte integrante dell’area di gioco.
Il paddle è coinvolgente perché facile, sfidante e sopratutto perché tutti possono giocare.
In questo articolo ci occuperemo di affrontare la tematica da un punto di vista medico sanitario, analizzando 2 aspetti:
1.Infortuni e cure
Il paddle è sostanzialmente caratterizzato da scatti, rapidi cambi di direzione e un uso intenso della racchetta, queste dinamiche possono essere importanti fattori di rischio nell’insorgere di:
Dopo aver accuratamente valutato la sintomatologia degli atleti ed averne evidenziato, tramite una serie di test specifici, la causa di origine, sviluppando un programma fisioterapico riabilitativo personalizzato sarà possibile tornare in campo, con una nuova consapevolezza motoria e del proprio corpo.
Come ci spiega lo staff dello Studio di Fisioterapia Fisiologic Mira di Santa Maria delle Mole, per risolvere la condizione dolorosa delle patologie sopra elencate è possibile ricorrere a:
I trattamenti fisioterapici sopracitati permettono di intervenire sulla sintomatologia consentendo allo sportivo di godere nuovamente di un’ottima salute.
A questo punto si è pronti per tornare in campo. Attenzione per evitare nuovi infortuni sarà fondamentale, proprio in questo momento, sviluppare un accurato lavoro di prevenzione.
2. Prevenzione
Prima di tornare in campo lo sportivo dovrà maturare un’approfondita consapevolezza circa il proprio corpo al fine di evitare l’insorgere di nuovi infortuni. Questo sarà possibile attraverso un lavoro di rinforzo muscolare, di propriocezione, di stretching e di rieducazione posturale.
Inoltre bisognerà valutare il tipo e la frequenza di svolgimento degli allenamenti. Nel caso di allenamenti costanti, ripetuti dalle 3/5 volte a settimana diventerà necessario e opportuno, al fine di evitare compromissioni, lesioni e infortuni, un lavoro costanze di preparazione e rinforzo muscolare del corpo inteso nella sua globalità.
Immigrazione, emigrazione, globalità e multietnia sono temi sempre più caldi e discussi nella nostra società in termini non solo politici quanto sociali, linguisitici e psicologici. In questo articolo approfondiremo una condizione linguistica sempre più diffusa nella nostra società, il bilinguismo (o multilinguismo) con la volontà di fornire informazioni utili per chiarire dubbi, sfatare falsi miti e fornire consigli pratici.
Il bilinguismo
Il Vocabolario Treccani definisce il bilinguismo come ‘’l’uso corrente di due lingue da parte di un individuo o di una popolazione’’. Nel corso della storia si sono susseguite tutta una serie di teorie linguistiche relative al concetto di bilinguismo; se prima la distinzione tra bilingue e monolingue era relativa alle origini linguistico-culturali di appartenenza, ad oggi si considera bilingue anche colui che ha acquisito in un momento successivo una seconda lingua. A tal proposito, è possibile distinguere il bilinguismo simultaneo (acquisizione di una pluralità di lingue simultaneamente al proprio sviluppo psico-motorio) ed il bilinguismo successivo (l'apprendimento è avvenuto in fase tardiva rispetto allo strutturarsi di una prima lingua).
Verità e falsi miti
Una docente italiana di Linguistica a Edimburgo ha pubblicato un interessante articolo sul corriere della sera del 22 settembre 2017 in cui sfata falsi miti relativi al bilinguismo. Una delle dicerie più diffuse sull’argomento è che l’apprendimento di due lingue comporta confusione linguistica tale da non riuscire ad apprendere correttamente nessuna lingua. Gli studi hanno però dimostrato che i bambini imparano qualsiasi lingua senza difficoltà, esattamente come imparano a camminare. Qualora ci fosse una condizione di predisposizione ad un disturbo di linguaggio esso sarebbe indipendente dal bilinguismo.
L’altro falso mito riguarda l’idea che l’italiano di un bilingue non possa essere appreso allo stesso livello del monolingue, con conseguente rendimento scolastico inferiore. Le ricerche dimostrano, al contrario, che crescere con più di una lingua può dare una serie di vantaggi linguistici e cognitivi. Gli studi mostrano che i bambini bilingui hanno maggiori abilità nello sviluppo della letto-scrittura e nell’apprendimento di una terza o quarta lingua. Inoltre i bambini bilingui hanno una maggiore flessibilità cognitiva che si ripercuote sia in termini relazionali (maggiore comprensione del fatto che gli altri possono avere una prospettiva e un punto di vista diverso dal loro) sia in termini cognitivi (nelle competenze attentive e di multitasking). Altri benefici del bilinguismo vengono riscontrati nei bilingui adulti, inclusi gli anziani, nei quali il bilinguismo può essere considerato una risorsa cognitiva. Uno studio pubblicato sulla rivista Stroke ha rivelato che il bilinguismo è associato ad esiti migliori nel post ictus. Un altro studio ha altresì dimostrato, che le persone bilingue mostrano i primi segni evidenti di Alzheimer quasi cinque anni più tardi rispetto ai monolingua. Il bilinguismo infantile può essere considerato una forma di investimento a lungo termine. A tal proposito va però sfatato il mito dei fanatici del bilinguismo che sponsorizzano il bilinguismo come se fosse la bacchetta magica che trasformerà ogni bambino in un piccolo genio. Anche a questo la scienza si oppone moderando quest’idea.
Qual è il metodo migliore per il bilinguismo?
Sono stati studiati e formulati diversi metodi e tecniche per crescere un bambino bilingue; OPOL (One Person One Laguage/Una persona Una lingua) è il più noto. Il metodo OPOL consiste nell’assegnare ai genitori (o ai modelli linguistici di riferimento) del bambino una diversa lingua ciascuno (di cui sono madrelingua) ed esporre il bambino solo ed esclusivamente alla propria lingua. Ad esempio genitore 1 parla solo ed esclusivamente italiano con il bambino; genitore 2 parla solo ed esclusivamente tedesco con il bambino. Si consiglia di evitare che lo stesso genitore mescoli le due lingue affinché accresca nel bambino la distinzione tra le due lingue e non si crei confusione. La cosa più raccomandabile per applicare il metodo OPOL correttamente è che entrambe le lingue siano utilizzate durante il giorno ognuna almeno per il 50% del tempo.
Tuttavia, non esiste un metodo che vada bene per ogni famiglia! Per ogni famiglia c’è una soluzione ottimale frutto dell’analisi di tanti parametri.
Nel caso in cui, invece, ci si trova a crescere il proprio figlio in un paese straniero allora si opterà per il parlare a casa nella lingua propria dei genitori e fuori casa il bambino sarà esposto alla lingua madre in cui sta vivendo.
Qual è il momento giusto per iniziare col bilinguismo?
Non è mai troppo presto e non è mai troppo tardi per cominciare! Più i bambini sono piccoli, più è facile per loro apprendere un’altra lingua in modo molto naturale e spontaneo.
Il bilinguismo causa un ritardo del linguaggio?
Il ritardo di linguaggio è una condizione che inficia lo sviluppo linguistico del bambino a partire da una predisposizione genetica, che può essere poi aggravata da modalità di interazione e comunicazione disfunzionali o non facilitanti. Infatti le tappe di sviluppo dei bambini bilingui sono le stesse dei bambini monolingue (si rimanda all’articolo Perché mio figlio parla male? Cosa devo fare?). Se queste tappe compaiono con un ritardo clinicamente significativo o non compaiono affatto, questo rallentamento non è legato all’uso di una doppia lingua, ma è la manifestazione di una difficoltà specifica nell’acquisizione della competenza linguistica.
Perché il bambino bilingue “mischia” parole delle due lingue?
Spesso i bambini bilingui tendono, nelle prime fasi di sviluppo del linguaggio, ad utilizzare nella stessa frase parole appartenenti a lingue diverse (“code-mixing” o “code-switching”). Questo comportamento linguistico, non va demonizzato, ma rappresenta un modo efficiente, una strategia cognitiva estremamente positiva, che indica flessibilità cognitiva e sane competenze: il bambino ha perfettamente chiara la distinzione tra le due lingue, ma di fronte alla difficoltà di reperire un termine, sceglie di utilizzare quella per lui più spontanea o predominante.
Questo comportamento linguistico tende spontaneamente a ridursi nel tempo e non è segno di disturbo di linguaggio.
I consigli della logopedista
In conclusione, che cosa devono fare i genitori che vogliono far crescere i figli bilingui?
Bibliografia
bilinguismo.pdf
Bambini bilingue
Perché mio figlio parla male? Cosa devo fare?
Le malattie cardiovascolari tra cui le malattie ischemiche del cuore, come l'infarto acuto del miocardio e l'angina pectoris, e le malattie cerebrovascolari, come l'ictus ischemico ed emorragico come riportato dal comunicato stampa “Prevenzione delle malattie cerebrovascolari lungo il corso della vita” del Ministero della Salute, sono tra le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità in Italia.
I fattori di rischio cardio-cerebrovascolari vengono suddivisi in non modificabili e modificabili e rappresentano il punto di partenza per la valutazione del rischio del singolo individuo. I primi rientrano nella valutazione del rischio complessivo; i secondi intervengono nelle diverse età della vita in rapporto alle abitudini alimentari, all’attività fisica, a fattori esterni. La prevenzione è una grande alleata di tali patologie per questo è indispensabile intervenire lungo tutto il corso dell’esistenza (approccio life-course), per prevenire e ridurre l’insorgenza delle citate patologie nonché per arrivare a un invecchiamento sano e attivo.
Come ci spiega lo staff dello studio Fisioterapico Fisiologic Mira di Santa Maria delle Mole, abbiamo dunque la possibilità di incidere positivamente sulla nostra vita prestando particolare attenzione allo stile di vita adottato e alle decisioni che prendiamo, come:
Grazie alla loro semplice reperibilità e acquisto, gli antinfiammatori, sono tra i farmaci più utilizzati dagli italiani. Che sia un mal di denti, un mal di schiena o un semplice male alla testa abbiamo sempre la soluzione a portata di mano. Eppure questa categoria di molecole andrebbe utilizzata con attenzione perché gli effetti collaterali sono tutt’altro che da sottovalutare.
A risentirne non è solamente il nostro apparato gastrointestinale, il sistema cardiovascolare è quello a subirne i maggiori effetti collaterali.
Tra le molecole antinfiammatorie più utilizzate ci sono i FANS, i farmaci antinfiammatori non steroidei. A questa categoria appartengono, ad esempio, l’acido acetilsalicilico, diclofenac, ibuprofene, ketoprofene e nimesulide.
“L’effetto di queste molecole è antinfiammatorio, analgesico ed antipiretico. Alla base di queste proprietà vi è la capacità dei farmaci in questione di bloccare l’attività degli enzimi COX, particolari proteine che servono per la formazione delle molecole infiammatorie. Inibendone la formazione il risultato finale è un ridotto stato infiammatorio e, di conseguenza, una minore percezione del dolore” (La stampa 21/06/2019).
I fattori che rendono la popolazione Italiana una grande consumatrice di Fans sono legati indubbiamente all’età media del Paese, una nazione sempre più anziana, inoltre influiscono aspetti di natura socio culturale come la disinformazione e l’assenza di una cultura, consolidata, della riabilitazione e del movimento.
I FANS devono assolutamente essere utilizzati per brevi periodi, con una frequenza ridotta ed evitando il fai da te. Sono di grande aiuto nelle fasi acute e sporadiche mentre possono comportare ingenti problematiche nei casi di dolore cronico.
I prodotti da banco sono sicuri solo se utilizzati per tempo breve e con basso dosaggio: inoltre se prolungati nel tempo si rischia di non trarne più il beneficio sperato.
Per l’impatto negativo che i FANS possono avere sul sistema cardiovascolare, sia di persone che godono di un buono stato di salute e di chi invece presenta già delle problematiche, si consiglia di rivolgersi sempre al proprio medico curante di fiducia e di evitare le ricerche sul web e le auto prescrizioni.
Rivolgersi a uno specialista vi permetterà di ridurre l’abuso di farmaci curando la problematica direttamente nell’area del corpo interessata. Ad esempio, come ci indica lo staff dello Studio di Fisioterapia Fisiologic Mira, per quanto concerne casi di emicrania, mal di schiena, cervicalgia e dolori articolari i trattamenti fisioterapici come la Laser Hilt Terapia e la Tecar Terapia possono aiutare a raggiungere una condizione di pieno benessere preservando l’organismo.
La voce è il nostro strumento di comunicazione per eccellenza, il più straordinario strumento di partecipazione alla vita. Essa, in termini evolutivi, viene acquisita dall’uomo prima ancora dell’articolazione del linguaggio. Il neonato, infatti, esprime i propri bisogni attraverso gridolini, pianti, urla e risate di benessere considerate tutte espressioni diverse della voce. Inoltre, essa rappresenta un biglietto da visita potentissimo ed efficace. La nostra voce racchiude infatti la nostra personalità ed il nostro stato emotivo. Siamo arrabbiati? La nostra voce cambia. Siamo emozionati? La nostra voce cambia. Siamo malati? La nostra voce cambia. Insomma, la voce è espressione del nostro stato psico-fisico.
La voce è definita come un segnale acustico (un suono) risultante dalla fuoriuscita di aria che mette in vibrazione le corde vocali e che viene amplificata nel vocal tract (tratto anatomico costituito dalla laringe, della cavità orale e della cavità nasale).
Il concetto di voce dovrebbe implicare il concetto di eufonia (letteralmente: buon suono o buona voce) a sua volta correlato al concetto di economia: massima efficacia comunicativa con il minor dispendio energetico possibile. La voce è il prodotto di una serie di fattori che interagiscono tra loro:
Quando uno di questi fattori subisce una modificazione in senso negativo la voce cambia ed incorriamo in una disfonia (alterazione dei caratteri acustici vocali). Con il termine disfonia ci si riferisce in senso ampio a tutti i cambiamenti, qualitativi o quantitativi, a carico della voce. Quando la voce cambia per più di 2-3 settimane la disfonia può essere considerata una patologia cronica ed è bene rivolgersi agli specialisti della voce. Il medico specialista delle problematiche vocali è il foniatra o l’otorino-laringoiatra, il quale andrà ad analizzare le cause della disfonia mediante strumentazione apposita e indirizzerà il paziente verso cure farmacologiche, approfondimenti diagnostici o terapia vocale logopedica.
Campanelli di allarme
Quali sono le cause di disfonia?
Le cause di disfonia sono molteplici e spesso l’alterazione cronica della voce è il frutto della sofferenza di più di una componente del sistema sopra descritto. Sicuramente la predisposizione genetica rappresenta un fattore che influenza ampliamente lo stato di salute del nostro sistema fonatorio; se alla predisposizione genetica si aggiungono cattive abitudini quotidiane, ansia, agitazione motoria, attività lavorativa stressante per le corde vocali, problematiche posturali, otorino-laringoiatriche e gastro-enteriche ecco che la voce sarà soggetta a cambiamenti importanti. Tutte queste condizioni agiscono alterando l’equilibrio fisiologico della mucosa laringea con possibilità di sviluppare edemi cordali, noduli cordali e polipi.
Le disfonie possono essere suddivise in due grandi gruppi:
Le cause di disfonia posso essere:
Cattive abitudini:
Attività lavorative che gravano sulle corde vocali: insegnanti, centralinisti, istruttori di fitness, allenatori, speaker, cantanti non professionisti sono tutte figure che incorrono in problematiche vocali.
Problematiche alle alte vie respiratorie: adenoiditi, tonsilliti, riniti allergiche, sinusiti e tutti gli stati infiammatori a livello di cavità nasale, orale e laringea vanno ad alterare l’omeostati della mucosa laringea con conseguente irritazione delle corde vocali e possibilità di danno organico (edema, nodulin polipi etc.).
Problematiche posturali: cervicalgie, tensioni a livello dell’articolazione temporo-mandibolare, alterazioni del corretto assetto posturale e tensioni muscolari portano il sistema pneumo-fonico (voce e respiro) a lavorare in condizioni di rigidità. Infatti l’onda espiratoria per trasformarsi in voce eufonica e risultare qualitativamente ‘’pulita’’ necessita di una buona elasticità da parte di tutte le strutture che vengono messe in vibrazione dall’onda sonora.
Problematiche gastro-intestinali: reflusso gastro-esofageo, intolleranze alimentari ed allergie alimentari sono causa di forti infiammazioni di tutto il tratto gastro-enterico che inizia con la laringe per terminare a livello dell’ano. Ovviamente un’infiammazione ad uno o più tratti di questo ‘’tubo’’ può alterare lo stato della mucosa di tutto il sistema gastro-enterico.
Ansia, stress, agitazione sono stati emotivi che alterano a più livelli l’equilibrio corporeo comportando tensioni fasciali e muscolari, alterazione della corretta coordinazione pneumo-fonica, reflusso gastro-esofageo o problematiche gastro enteriche che, cronicizzando, potranno alterare la fonazione creando danni organici.
Cosa fare se si ha il sospetto di una disfonia?
La prima cosa da fare in caso di alterazione persistente della voce è parlarne con il proprio medico di famiglia, il quale, se riterrà opportuno approfondire lo stato della vostra voce, vi invierà da un foniatra (o otorino-laringoiatra). Questo specialista si occuperà di eseguire un’indagine approfondita della performance vocale, studiando mediante appositi strumenti (fibro-laringoscopia, strobo-scopia, analisi della voce etc.) lo stato oggettivo della laringe e di tutte le strutture che intervengono o correlano con la produzione vocale. A seguito di ciò, lo specialista darà indicazioni relative al trattamento. Solitamente la presa incarico di un paziente disfonico è a 360° e coinvolge più di un professionista. Se infatti si accerta la presenza, ad esempio, di un reflusso gastro-esofageo concomitante ad un ‘’cattivo’’ utilizzo della voce, le figure che verranno coinvolte saranno: gastro-enterologo, nutrizionista, logopedista e fisioterapista o osteopata. A seconda del profilo specifico del singolo paziente e dei fattori negativi che sono intervenuti nell’istaurarsi della problematica vocale, verranno date indicazioni specifiche sulla presa in carico.
Chi si occupa di voce?
Ricapitolando, le figure che ruotano attorno al paziente disfonico sono:
Consigli della logopedista
‘’Buona voce’’ a tutti!
Per approfondimenti, consigli e richieste specifiche rivolgersi a Dott.ssa Annalisa Muto Logopedista
Quando si parla di empatia si indica la capacità di saper comprendere a pieno lo stato d’animo dell’altro, pur non provando un effettivo coinvolgimento emotivo. L’etimologia della parola, sentire dentro, indica perfettamente l’abilità degli essere umani di sapersi mettere nei panni dell’altro e dunque di creare un alleanza comunicativa che struttura la connessione con esso. Per entrare in empatia è necessario sviluppare:
• La capacità di mettersi nei panni dell’interlocutore
• L’abilità di sospendere il giudizio
• La consapevolezza circa le emozioni dell’altro
• La capacità di comunicare all’altro di aver riconosciuto le sue emozioni.
In modo particolare nel settore sanitario, in via generale in tutti gli ambiti della vita, risulta fondamentale lo sviluppo di legami longevi attraverso lo sviluppo di quella che Daniel Goleman chiama intelligenza emotiva, caratterizzata da:
Lo staff dello studio di Fisioterapia Fisiologic Mira ci spiega come per raggiungere gli obiettivi e portare il paziente ad un pieno recupero sia fondamentale adottare un approccio emotivamente intelligente orientando le strategie terapeutiche all’ascolto pro attivo del paziente, mostrando attenzione alla comprensione dei suoi sentimenti e bisogni fondamentali.
Per un esplicativo contributo possiamo attingere al racconto, presente in Parega e Paralipomena, “Il dilemma del porcospino” di Arthur Schopenhauer.
“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d'inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'uno dall'altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell'altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”.
L’enigma del porcospino è una metafora sulla sfida tra la ricerca e il bisogno di legami con le persone e il bisogno di intimità e riservatezza. La soluzione risiede nella giusta distanza tramite l’ascolto e la calibrazione dei bisogni e dello stato emotivo dell’altro. Nei rapporti umani, che si basano sul principio della socialità, le persone hanno la tendenza a instaurare relazioni e interazioni con soggetti che hanno esigenze simili alle proprie. L’empatia realizza quella tendenza per cui “se ti sento vicino e simile a me credo che tu mi comprenda, di conseguenza ti reputo capace di aiutarmi e per questo mi fido di te”. La fiducia rappresenta la base fondamentale per i rapporti umani un elemento imprescindibile per sviluppare un lavoro di recupero della salute e di prevenzione.
Quando si vuole comunicare con qualcuno, raggiungendo un obiettivo, è importante far coincidere il messaggio che si vuole trasmettere con l’universo soggettivo della persona che lo deve ricevere, in quanto ciascuno vive all’interno del proprio personale modello del mondo per questo una buona comunicazione dovrebbe articolarsi sempre in tre fasi:
Attuando tale modello linguistico è possibile migliorare la propria comunicazione raggiungendo risultati straordinari.
Alessandra Benassi