Quante volte abbiamo percorso il primo tratto della Via Nettunense, poi abbiamo svoltato per Via del Divino Amore in direzione Via Ardeatina, centinaia di volte. Eppure mai ci siamo accorti che appena imboccata via del Divino amore, dopo circa 500 metri, a destra, c’è una piccolissima stradina residenziale che ci conduce di fronte a ciò che resta di una delle murature principali originali del Castello di Palaverta, oggi facciata di un’abitazione privata.
Tale imponente muro, costituito da bozzette di peperino, con inserti marmorei e laterizi di epoca romana reimpiegati (che indicano preesistenti strutture romane su cui insiste il castello) è databile al XIV secolo (datazione desumibile dall’analisi della struttura muraria), ed è ciò che resta di un grande complesso difensivo, il cosiddetto “Castello di Palaverta” che occupava l’area tra l’attuale via Nettunense, via del Divino Amore e Via J. F. Kennedy, del quale, fino a 50-60 anni fa rimanevano in piedi almeno tre grandi settori murari.
Pochi gli studi e le notizie al momento disponibili riguardo la parte più antica del castello, una prima testimonianza la ritroviamo in un documento del 26 Ottobre 1509, con cui Fabrizio Colonna vendette a prospero Colonna di Genazzano, duca di Traetto, per 3000 ducati napoletani il “tenimentum castri diruti Castellucie e il casale Pauli Averte”. Questo documento riporta importanti notizie: la prima che il castello di Castelluccia è comunque limitrofo al castello di Palaverta, la seconda riguarda l’origine del toponimo Palaverta (dal nome di persona Paolo Averta), la terza riguarda la dicitura “Casale” e ci fa intendere che il castello perse nel corso degli anni la sua funzione originaria difensiva per assumere poi la funzione di semplice casale, come è avvenuto per tante altre realtà simili nei dintorni di Marino.
Il Casale di Palaverta, successivamente, dovette passare alla Badia di Grottaferrata poiché nel 1567, il cardinale Farnese, Commendatario di questa, lo affittò a un tale Fabrizio Magnante.
Imponenti resti del castello, costituiti da tre grandi complessi murari, erano ancora visibili fino ai primi decenni del ‘900, solo nella seconda parte del ‘900 fino ad oggi i resti del castello verranno pian piano sistematicamente distrutti. Ne rimarrà una sola parte, che ridotta a cascinale nei primi del ‘900 diverrà poi porzione di una moderna abitazione privata.
Magnifiche testimonianze della struttura e topografia dei resti del castello di Palaverta le ritroviamo nelle piante antiche e nelle fotografie dei primi decenni del ‘900, che ci mostrano l’apparato difensivo posto su una leggera altura, con grandi porzioni di tre edifici che chiudevano un’area fortificata per un totale di quasi 7.000 metri quadrati.
Articolo tratto da
AppiaBovillaeMarinoBlog
di Marco Cavacchioli
La festività
Ogni abitante di S.Maria delle Mole sa che l’appuntamento fisso per la festa patronale è per il secondo fine settimana di settembre. Ma forse pochi sanno che la celebrazione effettiva della Natività della Beata Vergine Maria, nel calendario delle celebrazioni cattoliche è una festività fissata per l’8 settembre.
L’8 settembre, dedicato a festeggiare la Natività di Maria, è una convenzione, tale data in realtà celebrava la dedicazione alla Beata Vergine di quella che era precedentemente la Basilica di Sant’Anna a Gerusalemme (del IV secolo d.C. edificata su strutture termali e un tempio pagano, ormai in disuso, fatto erigere dall’imperatore Adriano) posizionata sul luogo, dove secondo la tradizione, risiedevano i genitori di Maria, Anna e Gioacchino, e dove avvenne il concepimento.
La festività della Natività della Beata Vergine Maria nasce quindi in Oriente: fu Papa Sergio I (687-701), di origine siriana, a introdurla nella chiesa d’Occidente alla fine del VII secolo. La devozione verso la Natività di Maria si sviluppò in modo particolare nella diocesi ambrosiana, come testimonia il Duomo di Milano dedicato a Santa Maria Nascente
La Chiesa
Intorno agli anni ’50 Santa Maria delle Mole, non è più un agglomerato di casupole, ma una comunità con un numero di abitanti consistente, tanto che la comunità sentì presto l’esigenza di poter disporre di una chiesa più grande. Proprio il 27 luglio 1956, il Vescovo di Albano pubblica il Decreto Canonico con cui si erige a personalità giuridica la Nuova Parrocchia in S. Maria delle Mole consacrandola alla Natività della Beata Vergine Maria. Nei primissimi anni ‘60 la chiesa è terminata, come mostra una foto con una celebrazione nel 1963.
L’edificio della chiesa è uno fra i primi costruito secondo i canoni dell’edilizia contemporanea, la forma dell’aula principale è costituita da un poligono svolto su otto lati. La scansione interna è definita da un telaio strutturale in cemento armato, costituito da piloni a vista su cui poggiano travi di sostegno della copertura che convergono verso il centro del soffitto su cui si apre un cupolino (per far entrare la luce) su cordolo ettagono. La centralità dell’aula è rafforzata dalla preminenza del telaio strutturale portante, dalla camera di luce del cupolino in alto, e dalla grande parete di fondo dove è collocato il grande dipinto con il soggetto della Natività di Maria.
All’esterno il volume è articolato attraverso una tessitura di pannelli in laterizio compresi tra il telaio della struttura, l’attuale volume sporgente del portale d’ingresso con tettoia, è stato collocato successivamente (nel 1979), su progetto degli architetti Filippucci e Rossi (la differenza del prima-dopo è ben evidenziata dalle foto dell’ingresso ante 1979). Accanto all’edificio, leggermente staccato, è il volume a sezione poligona del campanile con superfici murarie in laterizio, che termina con la cella campanaria, costituita da una gabbia in cemento armato.
La parte di fondo, dietro l’altare, ospita per tutta la sua ampiezza, una tela di Goffredo Razzicchia (del 1969) che rappresenta nei tre riquadri della fascia bassa i genitori di Maria, Gioacchino e Anna, la sua nascita e la presentazione al Tempio di Maria; in alto la Madre della Chiesa accolta nella gloria celeste che schiaccia la testa del serpente, la SS. Trinità e rappresentata nella parte culminante.
Articolo tratto da
AppiaBovillaeMarinoBlog
di Marco Cavacchioli