Cause dello spreco alimentare, conseguenze e accorgimenti per ridurlo
(401)
Domenico Brancato
Per spreco alimentare, in genere, si intende il fenomeno della perdita di cibo, ancora commestibile, lungo il corso della filiera produttiva fino al consumatore finale.
Definizione alla quale seguono quelle più specifiche della: - Commissione Europea “Lo spreco alimentare consiste nell’insieme dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare che, per ragioni economiche, estetiche, o per la prossimità della scadenza al consumo (seppure ancora commestibili e quindi potenzialmente utilizzabili per l’alimentazione umana, animale o per la produzione di beni o energia), vengono destinati all’eliminazione”; e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura –FAO- che distingue il fenomeno in: Food Loss (perdita di cibo), cioè: “diminuzione della massa o del valore nutrizionale del cibo a causa di inefficienze nella catena di produzione e raccolto, trasporto e distribuzione”, come: eventi naturali avversi e infezioni parassitarie; mancata raccolta per l’inefficienza del sistema, deterioramento per inadeguatezza dei mezzi di trasporto, cattiva conservazione e protrarsi delle tempistiche del consumo; e Food Weste (spreco del cibo), inteso come “cibo arrivato nel circuito della distribuzione che, pur essendo potenzialmente idoneo al consumo, viene scartato a causa di una serie di fattori”, quali ad esempio: l’eliminazione effettuata dai venditori o dai consumatori perché danneggiato o di forma e pezzatura diverse dallo standard. Oppure per la tendenza alla non esposizione sugli scaffali o al non acquisto, in quanto vicino alla data di scadenza (sebbene sia ormai assodato che molti prodotti siano perfettamente consumabili anche oltre tale data), o per l’invenduto, dovuto al superamento dell’offerta rispetto la domanda.
Sprechi ai quali si aggiungono quelli non trascurabili che si verificano in ambito domestico, a causa del cibo quotidianamente buttato per eccesso di quantità acquistata o cucinata, rispetto agli effettivi bisogni e appetiti del nucleo familiare, o per il deperimento prima di consumarlo.
Spreco che, complessivamente, trova riscontro nelle varie modalità di quantificazione riportate nelle informazioni di seguito citate:
- secondo l’Unione Europa: oggi, più di 1/3 del cibo prodotto nel mondo viene sprecato, considerato che trattasi di 1,6 miliardi di tonnellate, a fronte delle 5,3 disponibili. Per cui si stima che, recuperando soltanto ¼ del cibo che diventa rifiuto, si potrebbe soddisfare esaurientemente la nutrizione degli 828 milioni di persone che soffrono la fame;
- per Il portale Earth.org (Movimento ambientalista globale per politiche economiche sostenibili del nostro pianeta): ogni anno vengono gettati fino a 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti, per un valore di circa mille miliardi di dollari (comprendenti l’equivalente di 172 miliardi acqua utilizzata per produrre del cibo che poi viene buttato. Quantità di Acqua che sarebbe sufficiente per assicurare un consumo di 200 liti al giorno a 9 miliardi di persone). Cibo, con il quale si potrebbero sfamare 200 milioni di persone in Europa, 300 milioni in America Latina e oltre 300 milioni in Africa;
- nell’Unione Europea, lo spreco annuale ammonta a circa 59 milioni di tonnellate, delle quali il 53% (31,27 milioni di tonnellate) si verifica in ambito domestico, e il 47% (27,73 milioni di tonnellate) all’interno della catena di approvvigionamento alimentare;
- in Italia, lo spreco annuale di cibo risulta essere di 8,65 milioni di tonnellate (a fronte delle 10,9 e 9,00 milioni di tonnellate della Germania e della Francia), corrispondenti, a Kg 146 pro-capite (15 Kg in più rispetto alla media europea), di cui il 73% si verifica in casa, dove trova particolarmente riscontro nello sciupio medio settimanale, sempre pro-capite, di: 30,3 g di frutta, 26,4 g di insalata, 22,8 g di pane, 21 g di verdure e 22,8 g di patate, aglio e cipolle. Il che equivale, secondo i dati emersi dallo studio “Spreco e Fame” pubblicato dal centro studi “Divulga”, in occasione della “Giornata Internazionale della consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari” del 29 settembre, ad una perdita di 385 euro per ciascun cittadino e di 22.8 miliardi di euro annui a livello nazionale, così ripartiti: 17,92 miliardi per i consumi domestici; 2,40 miliardi derivanti dalla produzione; 960 milioni dall’industria alimentare; 970 milioni imputabili alla distribuzione e 550 milioni attribuibili al servizio di ristorazione;
- per “Il caso Italia 2023 di Wast Watcher International Observatory on Food and Sustainability” (diffuso in occasione della Giornata di Prevenzione dello spreco alimentare, per iniziativa della Campagna Spreco Zero di Last Minute Market e dell’Università di Bologna, su monitoraggio Ipsos ), dai rilievi effettuati a gennaio, risulta che gli italiani gettiamo in media 524,1 grammi pro capite a settimana, ovvero circa 75 grammi di cibo al giorno e 27,25 Kg annui , pari al 12% in meno rispetto alla medesima indagine del 2022;
- “Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo” (Edizione ambiente), invece, stima (in riferimento ai dati dedotti dal bilancio alimentare della FAO), lo spreco confrontando, per tipologia di prodotto, la differenza fra la quantità di cibo che ogni italiano ha a disposizione e quella che effettivamente consuma giornalmente (secondo quanto sostenuto dell’ Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione –INRAN-), esprimendo il valore dell’eccedenza (esubero) in percento, come nella seguente Tabella (elaborata dai professori di Politica agraria ed Economia del settore agro-alimentare dell’Università di Bologna Andrea Segrè e Luca Falesconi):
CATEGORIE DI ALIMENTI
|
QUANTITA’ DISPONIBILE
g/persona/giorno
|
CONSUMO STIMATO
g/persona/giorno
|
ESUBERO
g/persona/giorno
|
Cereali, pane, pasta e sostitutivi.
|
433
|
258
|
40%
|
Verdura fresca e trasformati
|
463
|
211
|
54%
|
Frutta fresca e trasformata.
|
418
|
208
|
50%
|
Bevande alcoliche e sostituti.
|
205
|
91
|
55%
|
Carne e prodotti di carne.
|
242
|
110
|
54%
|
Pesce e prodotti a base di pesce.
|
67
|
44
|
33%
|
- l’Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori -ADOC- , attraverso una indagine condotta nel 2008, rilevava che le famiglie italiane, a causa della tendenza ad approvvigionarsi più del necessario, o per l’errata conservazione dei prodotti, sprecavano circa il 17% dei prodotti ortofrutticoli acquistati e il 35% di latte, uova, e carne. Sperpero equivalente ad un importo medio di 454 euro, pari all’8% della spesa totale. Come si può dedurre, in dettaglio, dalle indicazioni appresso riprodotte:
Quota del valore di sperpero in%, per tipologia di prodotto:
Latte, uova, carne, preparati e formaggi
|
39
|
Pane
|
19
|
Frutta e verdura
|
17
|
Affettati
|
10
|
Prodotti in busta
|
6
|
Pasta
|
4
|
Scatolame
|
3
|
|
|
|
|
|
Motivazione dello sperpero in valore%:
Eccesso di acquisto generico
|
39
|
Prodotti scaduti o andati a male
|
24
|
Eccesso di acquisti per offerte speciali
|
21
|
Novità non gradite
|
9
|
Prodotti non necessari
|
7
|
Totale
|
100
|
Sciupio che viene imputato, in buona parte, alla bassissima fungibilità (potenziale di recupero/riutilizzo dei prodotti alimentare gettati) degli scarti alimentari prodotti dai consumatori.
Fungibilità che, secondo la Confederazione italiana agricoltori -CIA-, raggiunge il valore più basso nel periodo delle feste natalizie, quando gli italiani mediamente gettano nella spazzatura 440 mila tonnellate di alimenti, per un valore complessivo di 1,32 miliardi di euro, pari al 20% della spesa complessiva. Dati in linea con i rilevamenti del Centro Comune di Ricerca -JRC- della Comunità Europea, dai quali si deduce che l’Italia, con le 270 tonnellate di cibo sprecato annualmente, è il peggiore fra gli Stati europei. Posizione attribuibile, per il 68%, sul totale dello spreco che avviene lungo tutta la filiera, al comportamento del consumatore finale.
Tutto ciò non può che costituire un obbrobrioso paradosso, considerato che la quantità di cibo sprecato è quattro volte superiore al necessario per sfamare le persone denutrite nel mondo. E che mentre 800 milioni di persone patiscono per denutrizione, 2 miliardi circa subiscono le conseguenze della condizione di obesità o di sovrappeso. Condizione causata dall’eccessiva disponibilità di calorie, che in Italia è di circa 3.700 Kcal (Chilocalorie) al giorno pro-capite, rispetto l’una volta e mezzo il fabbisogno energetico medio quotidiano di 2.467di Kcal.
Gravi deleteri effetti in termini di giustizia sociale, ai quali si sommano non meno gravi ripercussioni sull’ambiente e sull’economia. Come è possibile dedurre anche dalle affermazioni delle autorevoli fonti: Inger Andersen (Direttrice esecutiva dell’United Nations Enviromen Programme) e del “Libro nero dello spreco in Italia”, secondo i quali: “ se la perdita e lo spreco del cibo fosse un Paese, sarebbe la terza maggiore fonte di emissioni di gas serra, dopo la Cina e gli Stati Uniti”; e “solo lo spreco alimentare in Italia vale il 2,3% del PIL (Prodotto Interno lordo).
Tant’è che, per i Paesi coscienti della gravità del problema, la lotta agli sprechi alimentari è divenuta una non più trascurabile priorità ed esigenza . Obiettivo che in l’Italia, trova riferimento nella legge Gedda del 19 agosto 2016 n. 166, finalizzata a promuovere:
il recupero alimentare; la concessione di agevolazioni fiscali e semplificazioni burocratiche per incentivare aziende, Grandi Distribuzioni Organizzate -GDO-, esercizi commerciali e ristoratori a donare il cibo in eccesso, per consentire a tutti gli Enti no-profit di beneficiare degli alimenti per sostenere le persone bisognose, partendo dal concetto “chi non butta sarà premiato”; l’attività di formazione e innovazione del centro studi Divulga, per puntare su strategie in grado di ridurre lo spreco in tutte le fasi della filiera, considerato che, secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale -ISPRA-, le filiere corte e locali sono in grado di abbattere da 5 a 9 volte i livelli di scarti e sprechi; la riduzione della tassazione sui rifiuti da parte dei Comuni, in base alla quantità certificata di prodotti alimentari ceduti dalle attività commerciali; l’abolizione di pratiche burocratiche scritte per regolare le donazioni gratuite di cibo; l’obbligo per i ristoratori di permettere ai clienti l’asporto del cibo non consumato, come previsto dalla famosa “Familiy bag o doggy bag” (borsa per la famiglia o borsa per il cane); il coinvolgimento delle mense aziendali, ospedaliere e scolastiche nella prevenzione dello spreco, con una promozione delle produzioni a chilometro zero da parte del Ministero delle Politiche agricole; il consenso della raccolta di tutti i prodotti agroalimentari che solitamente restano a marcire nei campi, per permettere il reinserimento nella filiera di distribuzione e di cederli a titolo gratuito ad Associazioni di volontariato; la destinazione degli alimenti non reinseribili nella filiera per il nutrimento degli animali d’allevamento; l’attuazione di una vasta campagna di sensibilizzazione nelle aziende e nelle scuole (dove viene previsto uno specifico insegnamento sull’educazione alimentare) per combattere gli sprechi; l’elargizione di alimenti in buono stato oltre la data di conservazione, del pane invenduto entro le 24 ore dalla produzione e dei prodotti alimentari e farmaci con imballaggio difettoso o etichette sbagliate (purché le inesattezze non coinvolgano le date di scadenza e le indicazioni sulle sostanze potenzialmente allergiche o fonti di intolleranze); l’ istituzione di un fondo per lanciare progetti di riuso del cibo e per la ricerca e promozione degli imballaggi antispreco.
Provvedimenti che la legge di bilancio 2018 ha esteso attraverso due specifici emendamenti che incrementano le agevolazioni fiscali già predisposte e semplificano ulteriormente le pratiche burocratiche. Oltre ad aggiungere nel paniere dei prodotti donabili gratuitamente: gli integratori alimentari; i presidi medico-chirurgici; i prodotti farmaceutici; i prodotti di cartoleria e cancelleria; i prodotti per la cura della casa e della persona; i biocidi (antiparassitari non agricoli) e i prodotti sequestrati dalle Fiamme Gialle o dalle Istituzioni e il recupero di alimenti avanzati in grandi eventi sportivi o viaggi sulle navi da crociera.
E ancora in Italia, sono state avviate una serie di iniziative volte a ridurre, prevenire e riutilizzare lo spreco, in attinenza: - alle direttive della Legge n. 155 del 25 giugno 2003 o “Legge del Buon Samaritano”, che disciplina la distribuzione dei prodotti alimentari a fine di solidarietà sociale; - e al Decreto Ronchi del 5 febbraio 1997 n.22, che recepisce le direttive 91/158 CEE, finalizzate a trasformare la tassa sui rifiuti in tariffa di igiene alimentare, facendo pagare non in base alla superficie degli esercizi , ma in base alle quantità smaltite.
Iniziative che, trovano , in particolare, riscontro nelle denominazioni e finalità di cui appresso:
- Un anno contro lo spreco: campagna pluriennale, con cadenza annuale, mirata a rivolgere l’attenzione alla diversa tipologia di consumi: cibo, acqua, energia, spreco zero ecc., lanciata da Last Minute Market , spin.off (giro del mercato dell’ultimo minuto) del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna, sotto il patrocinio del Parlamento Europeo, avente per obiettivo principale la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle cause e le conseguenze dello spreco, sulle modalità per ridurlo e sulla promozione di una cultura scientifica e civile orientata ai principi della sostenibilità e della solidarietà;
- Un pane per tutti: proposta di legge con obiettivo economico-ambientale basata: sulle vendite sottocosto alle Onlus e mense povere, dei prodotti invenduti vicino alla scadenza o leggermente danneggiati, all’interno dei supermercati, e bank food (cibo in banca); e sulla promozione della destinazione di carne, pesce e verdure in scadenza ai canili e associazioni animaliste e la differenziazione degli alimenti scartati da destinare al compostaggio;
- Last Minute Market –LMM- (Mercato dell’ultimo minuto): organizzazione studiata per mettere in collegamento l’impresa con la grande distribuzione o il piccolo esercizio commerciale che vogliono donare prodotti (danneggiati o vicini alla data di scadenza) alle associazioni no-profit, per la fornitura di pasti a persone in condizioni di disagio economico o sociale. Affinché, i primi possano guadagnare evitando di assumersi i costi di trasporto e smaltimento e i secondi perché fruiscono gratuitamente di alimenti validi e buoni. E’ una soluzione che non solo consente ad entrambi le componenti di conseguire una condizione di convenienza, ma anche il vantaggio di impedire ad ogni tonnellata di rifiuti alimentare di generare 4,2 tonnellate di CO2. Il che rappresenta un grosso sconto sui costi per l’ambiente e la collettività;
- Ridere in casa (Riduzione degli sprechi in casa): progetto che nasce dalla necessità di migliorare le conoscenze dei consumatori con lo scopo di ridurre i consumi e gli sprechi di prodotti agricoli e di allevamento, migliorare la filiera produttiva e ridurre l’impatto sull’ambiente. Considerato che un italiano medio spende circa 600 euro all’anno per acquistare prodotti alimentari che scadranno prima di essere consumati e diventare rifiuti, e che consuma 250 litri di acqua procapite al giorno, nonostante la diffidenza verso l’acqua che sgorga dal rubinetto. Questa guida al consumo critico vuole fornire quindi elementi essenziali, partendo da dati della ricerca scientifica e da informazioni di carattere legislativo. Allo scopo di informare il consumatore sulle caratteristiche dei prodotti in merito alla: qualità, salubrità e scadenza e di proporre alcune soluzioni per conservarli meglio ed aumentarne la durata;
- Siticibo: programma della “Fondazione Banco Alimentare ONLUS Alimenti in esubero”, ma ancora ottimi come: primi piatti, pietanze, contorni frutta e verdura, pane e dolci che, nel giro di poche ore, grazie al servizio di recupero quotidiano effettuato da volontari (tramite una rete logistica di furgoni attrezzati per garantirne l’igiene, l’integrità e l’appetibilità), trasferiscono le eccedenze laddove il bisogno è più urgente;
- Buon fine: Progetto inizialmente avviato dalla Coop e successivamente condiviso da Esselunga e Conad, per il recupero del cibo che altrimenti sarebbe stato buttato.
Mentre in ambito internazionale, sempre con la medesima finalità, sono stati predisposti programmi ed avviati altri accorgimenti, quali:
- Agenda ONU: che prefissa gli Obiettivi di Sostenibilità entro il 2030, ponendo al 12° posto la lotta contro lo spreco alimentare, e incentiva i Paesi con più spreco alimentare verso un’economia circolare e green, in rispetto dell’ambiente;
- Frosted: strumento che permette di controllare la catena del freddo monitorando in tempo reale il pesce ed altri prodotti deperibili durante il trasporto, per evitare shock termici ed il conseguente deterioramento;
- Applicazioni: procedura che nel mercato si sta sempre più per affermare, in quanto trattasi di un app (applicazione) da installare su un dispositivo mobile o desktop (contenitore destinato ad accogliere le applicazioni per la gestione dei flussi da inviare telematicamente), che permettono di comprare alimenti che i commercianti o i negozianti butterebbero perché non considerati freschi, ma ancora in perfette condizioni e non scaduti, come appunto l’app “ Too Good To Go” (Troppo buono per essere buttato);
- European Green Deal (Accordo verde europeo) che comprende: il Farm to Fork (Dalla fattoria alla tavola): primo tentativo politico alimentare che prevede misure e regole per la trasformazione di tutta la filiera, al fine di rendere più sostenibile l’ intero sistema alimentare; e l’UNEP che nel Food Intex Report -Rapporto sull’Intex (Azienda distributrice in tutto il mondo di diverse tipologie merceologiche) alimentare, ha suggerito di distinguere il tipo di rifiuto tra alimento che può essere ancora destinato all’alimentazione e no e quello che può essere riutilizzato. Allo scopo di proporre diverse soluzioni e pianificare piani di economia circolare;
- Three R’S “Le tre R” (ridurre, riusare e riciclare), ovvero le tre parole chiave su cui lavorare per trovare la via efficace per abbattere drasticamente l’assurda quantità di spreco alimentare.
Tutte iniziative, norme e ipotesi di soluzione potenzialmente molto utili, per poter contenere lo spreco alimentare, sempreché non manchi il sistematico contributo di tutte le componenti della filiera. Per far sì che la “Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare” del 5 Febbraio , non sia solo un’occasione momentanea annuale di riflessione sul tema, ma divenga un intento senza soluzione di continuità. In modo tale che la quantità di cibo prodotta possa essere: proporzionata alle effettive necessità, ecologica, sostenibile e a disposizione di tutti.
Obiettivo, nei confronti del quale i consumatori potremmo assumere un ruolo determinante, solo se decidessimo, in massa, di mettere in atto, con assiduità, l’elenco delle seguenti buone intenzioni pubblicato in occasione dello “Stop Wast Day “ (Stop dello spreco alimentare) che si celebra ogni anno il 25 Aprile:
- eseguire il controllo (check) della dispensa prima di fare la spesa;
- prima di andare al supermercato stendere la lista della spesa, pensando ai piatti che verranno preparati nel corso della settimana;
- una volta nel negozio, per evitare inutili eccessi, acquistare solo il necessario, seguendo la lista predisposta;
- resistere alla tentazione di fare acquisti d’impulso di prodotti che, probabilmente, non saranno mai consumati o utilizzati
orientare la spesa preferibilmente verso i prodotti scontati prossimi alla scadenza, ma perfettamente commerciabili;
- non lasciare i prodotti deperibili a temperatura ambiente per più di 2 ore, soprattutto se la temperatura stessa è superiore a 32° C;
- cogliere uno spazio nel frigorifero da destinare agli alimenti con più alto rischio di essere buttati;
- acquistare periodicamente i prodotti a lunga scadenza e frequentemente quelli freschi;
- acquistare prodotti non perfetti, non vuol dire prendere merce di seconda mano, , in quanto anche se presentano imperfezioni non sono né danneggiati né marci;
- controllare quotidianamente (check day by day) gli alimenti, in modo tale da scegliere, giorno dopo giorno, quelli più prossimi alla data di scadenza (shelf life);
- dosare la quantità di cibo ottimale prima di cucinarlo;
- donare le scorte in sovrappiù (extra) ad una dispensa alimentare locale, oppure ad un centro di raccolta;
- instaurare competizioni con amici e familiari per verificare chi riesce a resistere più a lungo senza produrre sprechi alimentari:
- utilizzare la propria creatività per trasformare gli scarti alimentari in merende (snack) o spuntini gustosi e dall’agevole preparazione;
- congelare i cibi che non è possibile cucinare e consumare a breve, tenendo presente i tempi di congelazione per le seguenti tipologie di alimenti: 6 mesi per carne di vitello e quella di agnello; da 6 ai 9 mesi per il pollo; dai 6 a 10 mesi per la selvaggina; e da 2 ai 3 mesi per la salsiccia; pesce fresco: magro (Palombo, Spigola, Sogliola, Rombo, Trota, Orata, Seppie, Calamari, Vongole e Aragosta), fino a 6 mesi, grasso(Sgombro, Aringa, Salmone, Anguilla, Capitone e sardine), non più di 3 mesi; verdure: fresche, già pulite, tagliate a pezzetti e che non contengono elevate quantità di acqua (insalata, ravanelli, cetrioli, ecc.), fino a 6 mesi, cotte fino a 3 mesi; formaggi a pasta filata (mozzarella, provolone, scamorza e caciocavallo) fino a 6 mesi, invece non sono adatti per la congelazione quelli freschi (ricotta e spalmabili); cibi cotti (lasagne, spezzatini, ragù, sugli, ecc,) fino a 3 mesi.
Suggerimenti ai quali fanno seguito quelli derivanti dall’esito di una indagine condotta dal Periodico bimestrale “Ecologica” (che raggiunge centinaia di persone online in tutto il mondo, per la diffusione di idee ed innovazioni utili alle imprese green e per la promozione di uno stile di vita sano ed ecosostenibile), su famiglie italiane, per la maggioranza delle quali, per ridurre lo spreco alimentare, occorre anche:
- l’estensione dell’educazione alimentare in tutti gli ambiti sociali e non solo in quello scolastico;
- il miglioramento delle indicazioni sulle etichette;
- la commercializzazione di prodotti in confezioni di minore grandezza;
- la produzione di confezioni (packaging) di nuova generazione, che permettano una migliore e più lunga conservazione degli alimenti;
- e una indispensabile adozione di provvedimenti normativi inerenti allo spreco del cibo, che prevedano incentivi e sanzioni, oppure tassazioni sulla base di una sorta di “sprecometro”.
Comunque, a prescindere dalla coincidenza fra le varie entità e metodologie di stime, rimane il dato di fatto che lo spreco di alimenti per il consumo umano, che si calcola sia di 1,3 miliardi e di 8,65 milioni di tonnellate, rispettivamente a livello mondiale e in Italia, oltre ad essere la causa che determinare il già grave problema della sofferenza per fame nel mondo, comporta: - ingenti inutili investimenti economici, per il trasporto, il lavoro e l’energia impiegati; sempre più preziose dissipazioni di risorse naturali, come l’acqua e grandi estensioni di terreni coltivabili; e le conseguenze della produzione di ben 4,2 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di rifiuti alimentari (che, secondo le stime fornite dal Programma delle Nazione Unite per l’ambiente in un report del 2021, globalmente rappresentano l’8 -10% di immissioni di gas serra in atmosfera). Insieme di risorse, impegno economico e nocività ambientali spesi e generate per produrre materie prime per alimentari che verranno, in buona parte, abbandonati, scartati e buttati nella spazzatura.
Deprecabile realtà che contrasta con: - il risolutivo modello di produzione e consumo dell’Economia Circolare, basata sulla messa in pratica dei principi di riduzione, riuso e riciclo dei rifiuti, che determinando l’allungando dei tempi della filiera occorrenti per la loro trasformazione, restituiscono un nuovo ciclo di vita;
- e la diffusa inadeguatezza quali-quantitativa delle abitudini alimentari che, oltre a produrre sprechi e rifiuti, causano i deleteri diffusi effetti del sovrappeso e dell’obesità (quando il soggetto supera di circa 20 Kg o del 30% il suo peso corporeo ideale): presupposto dell’insorgenza di importanti patologie cardiovascolari, dell’ipertensione e del diabete mellito o di tipo 2. Patologie che i Medici considerano essere responsabili, in un individuo adulto, della riduzione media di 8 anni dell’aspettativa di vita e di 19 anni di perdita della salute.
Effetti che, secondo i dati rilevati dall’ISTAT nel 2021, in Italia, la quota di sovrappeso: che l’Organizzazione Mondiale della Sanità –OMS considera quando un individuo adulto ha un Indice di Massa Corporea –IMC- maggiore/uguale a 25 ( IMC che si ottiene dividendo il peso, espresso in Kg , per l’altezza al quadrato, espressa in metri –m-. Così, nel caso di un peso corporeo di 75 Kg ed un’altezza di 1,80 m, si avrà un IMC = a Kg 75 / m 1,80 x m 1,80 (3,24)= 23,15 Kg/m2), risulta essere pari ..al 36, 1% (43,9 maschi e 28,8 femmine), e quella di obesi (chi ha un valore di IMC maggiore o uguale 30 kg/m2) dell’11,5% (12,3 maschi e 10,8 femmine). Percentuali, in costante crescita, che equivalgono a 25 milioni di persone obese o in sovrappeso, di cui oltre 23 milioni adulti e 2,2 milioni di bambini e adolescenti di età fra i 3 e i 17 anni. A completamento dei citati valori di IMC per adulti, si ritiene utile riportare anche quelli relativi ai bambini ed adolescenti:
ETA’ anni
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Valori dell’IMC indicanti la condizione corporea di normopeso per
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Maschi Femmine
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3
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14,4 - 17,0 14,1 - 16,9
|
4
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14,4 - 16,7 13,9 - 16,8
|
5
|
13,9 - 16,7 13,8 - 17,0
|
6
|
14,0 - 16,8 13,8 - 17,0
|
10
|
14,9 - 18,6 14,8 - 19,1
|
11
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15,3 - 19,3 15,3 - 20,0
|
12
|
15,7 - 20,1 15,9 - 20,9
|
13
|
16,3 - 20,9 16,5 - 21,9
|
15
|
17,6 - 22,8 17,7 - 23,7
|
16
|
18,2 - 23,7 18,1 - 24,2
|
17
|
18,7 - 24,4 18,3 - 24,7
|
18
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19,2 - 25,0 18,5 - 24,9
|
affinché chiunque, per se e famigliari, possa verificare autonomamente l’adeguatezza o meno della condizione dell’IMC personale e, all’occorrenza e per tempo, provvedere ad osservare abitudini alimentari più salutari.
In definitiva, per far sì che il cibo possa essere a disposizione di tutti e la sua produzione divenga ecologica e sostenibile, occorre accantonare la propensione al consumismo: modello di comportamento delle società fondato sull’incremento illimitato dei consumi di beni secondari e superflui. La cui soddisfazione crea disuguaglianza sociale e minimizza Il sentimento di condivisione e solidarietà alimentati dal buon senso e senso di responsabilità. Principi la cui osservanza costituisce l’unica soluzione perseguibile per rendere meno utopico il conseguimento del comune benessere.
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