Conosciamo le nostre preziose "amiche" piante: lulivo 1Ş parte
Natura e Botanica
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Domenico Brancato
Nome comune: Ulivo o Olivo
Famiglia: Oleacee
Specie/ Nome scientifico: Olea europea
Genere: Olea
Ordine: Lamiales
Origine etimologica del nome: deriva dal latino olivum = olivo e dal greco classico èlaion = olio
Luogo di origine: Asia Minore e Siria
Consistenza e morfologia:
del tronco: è cilindrico e contorto, ricoperto da corteccia grigio scuro prima e uniforme poi con formazione di placche;
- della chioma:ha forma conica, con branche fruttifere rami penduli o disposti orizzontalmente rispetto al fusto, trattandosi poi di una specie tipicamente basitona favorisce lo sviluppo di polloni (formazioni legnose che si sviluppano in prossimità del suolo ed, a volte, anche dalle radici) che, su alcune piante adulte, avviene anche dagli ovoli (formazioni globosi ricchi di gemme avventizie e abbozzi di radici), che si formano intorno al colletto;
- delle radici: sono prevalentemente di tipo avventizio (che non provengono dall’embrione, ma si originano in un qualsiasi punto del fusto) ed alquanto superficiali con un’estensione che, in genere, non supera la profondità di 50 cm .
Caratteristiche componenti:
- legno: è duro e pesante e presenta striature che lo rendono pregiato ed adatto alla realizzazione di: sculture artistiche da arredo, a lavori di ebanisteria e per la realizzazione di parquet, oggettistica di uso comune e di pregio, strumenti musicali, tagliacarte, utensili da cucina, ecc;
- foglie: sono opposte, coriacee, a forma ellittico-lanceolata, con margine intero e spesso revoluto (ripiegato verso la pagina inferiore), di colore verde scuro superiormente e bianco-argenteo (per la presenza di peluria) inferiormente e unite ai rametti con un corto picciolo;
- gemme: sono di tipo ascellare (che si sviluppano dall’ascella delle foglie);
- fiori: sono ermafroditi (comprendenti organi maschili e femminili), piccoli, con calici di 4 sepali e corolla formata da petali bianchi, riuniti in numero di 10-15 in infiorescenze a grappolo (mignole), che compaiono verso Marzo-Aprile, disposte alle ascelle delle foglie dei rametti dell’anno precedente. Mentre la fioritura avviene da Maggio alla prima metà di Giugno. L’impollinazione è anemofila (per mezzo del vento), seguita dall’allegagione, caratterizzata dall’appassimento della corolla che si distacca in seguito all’ingrossamento dell’ovario. La percentuale dell’allegagione è molto bassa, generalmente inferiore al 5%, a causa dell’abbondante caduta anticipata dei fiori (colatura), favorita da eventuali abbassamenti di temperatura, da stress idrici a da venti caldi , ma anche da una naturale strategia fisiologica, dal momento che la maggior parte dei fiori ha lo scopo di produrre il polline;
- frutti: sono drupe, della forma globosa ed a volte asimmetrica e del peso da 1 a 6 grammi, formate dalla buccia (epicarpio), da una parte carnosa (polpa – mesocarpo-), che contiene l’olio, e dal nocciolo legnoso e rugoso (endocarpo), che contiene il seme. L’accrescimento delle olive e l’accumulo di olio nei lipovacuoli (contenitori della parte grassa) dipende dall’entità delle piogge di metà agosto e tutto settembre quando, in condizioni favorevoli, raggiungono il completamento dello sviluppo. Per contro, In caso di siccità, le olive rimangono piccole, possono subire una intensa cascola e fornire una bassissima resa in olio. Eventuali piogge tardive di fine settembre-ottobre, dopo una forte siccità estiva, invece, possono far crescere considerevolmente le dimensioni delle drupe, ma la resa in olio, che può oscillare fra l’8 e il 30% (Kg di olio per 100 Kg di olive), sarà bassissima a causa dell’eccesso di accumulo di acqua nella polpa. Da fine settembre a dicembre, a seconda della varietà (che negli oliveti dei Castelli Romani le più diffuse sono: Leccino, Frantoio, Moraiolo, Pendolino, Olivastro, l’autoctona Rosciola dall’alta resa in olio e Carboncella: l’impollinatrice delle altre varietà e apportatrice di delicati fruttati), dell’andamento climatico e dell’esposizioneavviene avviene, con andamento scalare, il cambiamento di colore delle drupe (invaiatura), che indica il completamento della maturazione e il termine dell’accumulo di olio. Successivamente, se non si procede alla raccolta (a mano: brucatura o per scuotitura e raccattatura: raccolta da terra), subentra una progressiva cascola e perdita del contenuto in acqua, fino alla Primavera seguente.
Longevità: pianta secolare, ed in condizioni ci clima, terreno e cure colturali appropriate, anche millenaria.
Moltiplicazione:
- per innesto: in Primavera in fase di luna crescente, a pochi giorni di distanza dalla luna piena (periodo in cui essendo la linfa più attiva viene facilitato l’attecchimento)su piante provenienti da seme, prelevando dei rametti (marze) di un anno ben lignificati o delle gemme vegetanti dalla pianta che si vuole riprodurre per trasferirla sulla pianta selvatica (portinnesto), applicando la tecnica di esecuzione più confacente alla dimensioni di quest’ultima. Altra finalità dell’innesto è quella di inserire su una pianta già a frutto, altra e altre varietà, in grado di migliorare la produttività o la resistenza alle malattie;
- per talea: ricavata da rami di 1 anno dalla pianta madre della lunghezza di 4-5 nodi, tagliandola orizzontalmente poco sotto un nodo e togliendo le foglie solo dei 2 nodi sovrastante, per poi immergerla in una soluzione fungicida a base di rame, e successivamente, dopo che si sia asciugata, cospargere la parte da interrare di un prodotto auxinico, contenente sostanze fitoregolatrici che stimolano lo sviluppo delle radici. Prodotto che può essere sostituito con un preparato a base di acido salicilico, ricavabile dalla corteccia del Salice piangente, con il seguente procedimento: recidere, sfogliare e ridurre a pezzetti di ca. 2 cm alcuni rametti; immetterli in un recipiente ricoprendoli di acqua bollente o fredda, lasciandoli in infusione o a macerare, rispettivamente, per 1 e 7 giorni. Trascorsi i tempi indicati filtrare l’infuso, versalo in una bottiglia di plastica o vetro scuro e chiuderla ermeticamente, prima di porla in frigorifero, per consentire .un tempo di utilizzazione di 2 mesi.
Nel caso si disponga del descritto preparato naturale, le talee vanno tenute in ammollo per una notte, oppure impiegato per innaffiarle per due giorni, prima di immetterle in un substrato inerte di agriperlite e poste in ambiente adeguatamente riscaldato e mantenuto costantemente umido, tramite frequenti irrorazioni con acqua finemente nebulizzata per ca 70 – 90 giorni, prima del rinvaso in vasetti con composta di torba e pomice.
Esigenze:
- Climatiche: le tradizioni contadine dicono che la pianta d’ Ulivo per crescere bene necessita delle 5 “S”. Cioè è un albero abituato al silenzio, non teme le zone siccitose, convive con i sassi, può rimanere anni in solitudine, lontano da boschi e fofreste; ma quello che non deve mancare mai è il sole. Poiché predilige un clima mite con esposizione a sud, esente da forti sbalzi termici, e temperature non inferiori ai – 5 °C, visto che teme le gelate. Infatti, le zone ideali risultano essere quelle marittime del caldo meridione d’Italia, anche se esistono varietà che ben si adattano nelle valli e colline ubicate in prossimità dei grandi laghi del nord (vedi l’olivo “Casaliva”: varietà autoctona coltivata intorno al lago di Garda), mentre non è coltivabile oltre gli 800 metri sul livello del mare.
- Tpologia di terreno: ben drenato, privo di ristagni d’acqua, dalla composizione argilloso-calcarea arricchita di sostanza organica, purchè con pH (potenziale di idrogeno –H-, che indica la gradazione di una scala che va da 0 a 14, dove 7 corrisponde al valore neutro, mentre le reazioni acida e basica equivalgono, rispettivamente , a valori inferiori o superiori a 7 ) non inferiore a 5.
- Idriche: particolarmente avvertite in fase di impianto, in dosi di circa 10 litri per annaffiatura, per assicurare l’attecchimento e successivamente per favorire:
- un rapido sviluppo vegetativo;
- l’anticipata entrata in produzione (che ,in quantità modeste, inizia dopo circa 3 – 4 anni dall’impianto);
- l’incremento di produzione;
- l’eliminazione dell’alternanza di produzione;
- la somministrazione localizzata degli elementi nutritivi tramite la fertirrigazione.
In Italia però, su una superficie olivicola di 1.150.000 ettari, quella irrigua è di soli 165.000 ettari, localizzata nelle regioni meridionali ed insulari, con una incidenza media del 14%, a fronte del 25% della Spagna: maggior produttore di olio a livello mondiale.
Benefici che, ovviamente, si notano maggiormente in aree contraddistinte da periodi di siccità estiva superiori a 2 mesi, precipitazioni inferiori a 700 mm ed evapotraspirazione del terreno superiore a 1100 mm annui (il consumo medio giornaliero di una pianta in buoni condizioni vegetative è di circa 1-1,5 litri di acqua per ogni m2 di superficie fogliare). Ambienti dove l’incremento percentuale della produzione di olive può (a seconda delle condizioni pedoclimatiche, della varietà, del sesto d’impianto e della tecnica colturale) superare anche il 100%. Con valori minori e maggiori per densità, rispettivamente, di 300 e circa 100 piante /Ha.
In quanto, negli impianti intensivi l’evaporazione dal suolo incide meno della traspirazione (evaporazione dalle foglie) sul consumo idrico; mentre in quelli tradizionali e in ambienti aridi detta evaporazione può giungere fino al 50% del consumo complessivo.
A meno che non si possa effettuare l’irrigazione con impianti che consentano la distribuzione localizzata a bassa pressione a goccia (con un impianto dotato di 4 gocciolatori da posizionare in 4 punti simmetrici alla distanza di ca. 1 metro dal ceppo), che, com’è noto, sono in grado di garantire molteplici vantaggi, quali :
- ridurre le perdite per evaporazione, percolazione e ruscellamento;
- risparmio, nei primi anni dell’impianto, fino all’80 – 90%, rispetto ai metodi che bagnano tutta la superficie del terreno;
- riduzione dei costi di gestione;
- uniformità di distribuzione, anche nei terreni in pendio;
- automazione e controllo a distanza dell’esecuzione;
- circolazione delle macchine durante il funzionamento dell’impianto;
- riduzione degli effetti negativi dell’erosione e della compattazione della struttura del terreno.
Considerato che per l’ulivo, pur essendo molto resistente al deficit idrico (perché riesce ad estrarre acqua dal terreno pure in presenza di modeste riserve), l’irrigazione riveste fondamentale importanza (tenuto presente che una pianta, nel periodo estivo, a seconda della natura del terreno, ha bisogno da 40 a 80 litri di acqua al giorno), dato che la carenza di acqua è causa di non trascurabili danni alla pianta, come: diminuzione della crescita vegetativa, avvizzimento (appassimento) delle foglie e degli organi fiorali e, nei casi di magiore deficit persino: internodi raccorciati, foglie piccole e clorotiche, aborto dell’ovario, ridotta percentuale di allegagione e defogliazione – filloptosi-(come estremo meccanismo di difesa finalizzato a diminuire la superficie fotosintetica per attenuare la traspirazione).
Manifestazioni di sofferenza che è bene prevenire, attraverso accertamenti precoci, specie in concomitanza delle fasi fenologiche (stadio specifico del ciclo della pianta, indotto dal succedersi delle stagioni e dalle condizioni ambientali e climatiche, in particolare) riguardanti la fioritura, l’allegagione e sviluppo dei frutti, che avviene fra il completamento dell’indurimento del nocciolo e l’invaiatura (cambio di colore della buccia –epicarpio- da verde a viola).
- Nutritive: considerati gli alti costi di gestione, l’olivicultore moderno, per compensarli, deve ricavare dalle piante il massimo della produzione ottenibile, principalmente, attraverso la somministrazione di un adeguato apporto di elementi nutritivi, rispondenti al susseguirsi delle esigenze delle fasi fenologiche.
Così, nella fase di: germogliamento, da fine febbraio a marzo, deve prevalere l’apporto di l’azoto; mignolatura (bocci fiorali ancora chiusi), da aprile a inizio maggio, necessita più l’ azoto, il fosforo e il potassio in dosi equivalenti; formazione delle drupe, da maggio a giugno, subentra una maggiore esigenza di potassio ed un’alterata quantità di fosforo.
Considerato poi che le piante anche durante il riposo invernale, compatibilmente con l’andamento della temperatura, specie a livello radicale, non interrompono le loro funzioni vitali; in autunno-inizio inverno, è conveniente somministrare un’abbondante dose di fertilizzanti organici a lunga cessione, per favorire l’accumulo di energie di riserva, a tutto vantaggio di una più copiosa fioritura, allegagione e nuova vegetazione sulla quale, nella stagione successiva, si svilupperà la fioritura che contribuirà a minimizzare l’inconveniente dell’alternanza di produzione.
Per il completo soddisfacimento delle esigenze poi è da tener presente che l’Ulivo, nei mesi di Ottobre-Novembre e Gennaio, necessità, oltre che dei citati macro-elementi, anche di importanti apporti di micro-elementi, quali: calcio e magnesio, in particolare.
- Potatura: essendo una pratica agronomica che influenza le condizioni di salute della pianta, deve:
- garantire all’intera chioma la fruizione della luce solare: elemento indispensabile per la produzione di sostanza utile allo sviluppo della vegetazione e dei frutti;
- tener conto della fertilità del terreno, delle caratteristiche della varietà e delle condizioni climatiche tipiche della posizione geografica in cui avviene la coltivazione;
assicurare il mantenimento della parte legnosa destinata alla produzione, e garantire uno spazio vitale ai rami produttivi. Al fine di stabilire i presupposti per un buon raccolto, un’ottima resa in olio e per impedire manifestazioni di squilibri strutturali: causa di formazione di inutili e depauperanti succhioni (germogli assurgenti, piuttosto vigorosi, che si sviluppato lungo i rami principali e la zona alta della pianta).
- non coltura: consistente nella copertura totale o parziale del terreno con un prato permanente e nel controllo dello sviluppo delle essenze che lo compongono, per: evitare la pratica del diserbo chimico;
- impedire ai raggi solari di arrivare al suolo ed il conseguente sviluppo delle competitive piante infestanti;
- isolare il terreno dagli eccessi di temperatura, per consentire di rimanere più fresco d’estate e trattenere meglio il calore d’inverno. Al fine di proteggere le radici dai nocivi stress climatici che agiscono negativamente sulla continiità della crescita della pianta;
- arricchire il suolo di sostanze nutritive ( in seguito al rilascio derivante dalla decomposizione di materiale organico naturale); oltre a migliorarne la fertilità e la capacità di trattenere l’acqua ed incrementare i benefici connessi all’attività svolta dai vitali componenti che lo popolano;
- prevenire l’erosione del suolo e il dilavamento delle sostanze fertilizzanti; nonché miglorare, grazie alla riduzione dell’impatto dell’acqua delle piogge intense e dell’irrigazione, la capacità di infiltrazione negli strati più profondi del terreno;
- ridurre il rischio di malattie fungine, per gli effetti del mantenimento del terreno ben drenato che, evitando gli eccessi di umidità, impediscono la proliferazione di funghi e batteri patogeni, responsabili dell’insorgenzza di rischiose manifestazioni di marciume radicale;
- migliorare la sostenibilità ambientale, trattandosi di una pratica ecologica che esclude la dipendenza dagli eccessi di fertilizzanti chimici e pesticidi;
- promuovere un ecosistema (ambiente naturale comprensivo degli organismi animali e vegetali) sano, ed un habitat ideale per insetti utili, che migliorando la struttura del terrno, contribuiscono a mantenere in salute l’oliveto.
Tuttavia, l’nerbimento è preferibile estenderlo a tutta la superficie, quando l’oliveto trovasi in ambienti con precipitazioni elevate, distribuite lungo tutto l’anno, o dove si possa intervenire con l’irrigazione nel periodo della fioritura e dell’allegagione; mentre in zone aride e sub-aride, le limitazioni idriche consigliano di applicarlo solo nell’interfila.
Tale pratica, comunque, tende sempre più a diffondersi, oltre che per i motivi sopraesposti, anche per il fatto che esclude la necessità di disporte di un impegnativo parco macchine o, in alternativa, i costi dell’esecuzione delle lavorazioni eseguite da terzi e del diserbo con l’impiego di dispendiosi prodotti chimici. Prodoti che, fra l’altro, risultano nocivi per la salute delle piante e del suolo, a causa dell’immissione in esso di principi attivi che ne alterano l’equilibrio biologico. Come evidenzia la sempre maggiore predisposizione delle piante a contrarre malattie (vedi Xilella).
A differenza del contenuto impegno operativo ed economico necessario per la formazione ed il mantenimenmto del manto erboso, soltanto tramite periodici sfalci da praticare a partire: da aprile, per la formazione di uno strato pacciamante composto dal materiale di risulta lasciato sul posto, al fine di assicurare la permanenza di sufficiente umidità nel terreno durante le fasi di accrescimento e di fioritura delle piante; seguito, a giugno-luglio, da successivi tagli, qualora la copertura erbosa dovesse superare i 20-25 cm di altezza, finalizzati ad impedire, specie nelle zone particolarmente siccitose, la propagazione di eventuali incendi; e a settembre, per agevolare le operazioni di raccolta delle olive;
tradizionali: anchessi finalizzati a predisporre il terreno ad accogliere le precipitazioni, trattenere l’acqua, interrompere il compattamento, consentire lo scambio gassoso con l’atmosfera ed eliminare le erbacce. Finalità che, a differenza della precedente tecnica colturale, vengono raggiunti, con lavorazioni del terreno, nel periodo primaverile-estivo, ad una profondità di 10-15 cm; ed in quello autunno-invernale, dopo la raccolta, a non oltre i 20 cm di profondità, per non danneggiare le piuttosto superficiali radici assorbenti, mantenere una sufficiente umidità e la presenza di una adeguata componente batterica. Per poi, in primavera ed in estate, intervenire ulteriormente per effettuare la trinciatura delle infestanti, allo scopo di formare uno strato sul terreno che assolva alla funzione di pacciamatura, per ridurre la dispersione della riserva di acqua per evaporazione. Interventi che, ove possibile, sarebbe l’ideale integrare con la brucatura ad opera di ovini.
Parassiti: fra le numerose avversità, le più dannose risultano essere (vedi allegato):
- Occhio di pavone o Cicloconio – Spilocaea oleaginea- è una malattia di origine fungina che si manifesta sulle foglie con macchie circolari di colore grigio chiaro o verde scuro, contornate da un alone giallo, in presenza di temperature di 18-20 °C e prolungata umidità della durata di 3-4 giorni, nella tarda primavera o a fine settempre e, nel meridione, anche durante l’inverno. Colpisce particolarmente le piante delle varietà: Carolea, Coratina, Frantoio, Moraiolo e Pendolino. Le foglie parassitate ingialliscono, appassiscono e cadono precocemente con conseguente danno per la pianta ed il raccolto.
Tenendo conto dei fattori favorevoli allo sviluppo del fungo, per prevenirne ed ostacolarne l’insorgenza si consigliano sesti d’impianto spaziosi, con esclusione di zone vallive ed esposizione a Sud-Est. Mentre, per combattere la crittogama occorre effettuare dei trattamenti a base di rame o di Dodina, in coincidenza della ripresa vegetativa ed alla formazione di 3-4 nodi fogliari, seguiti da un successivo intervento con l’aggiunta di boro e ferro sotto forma di chelati che, essendo solubili in acqua e assorbibili sia dalle radici che dai tessuti di rami e foglie, sono da preferire ai sali degli stessi microelementi che vanno incontro ad una rapida in solubilizzazione.
- Rogna: è causata dal batterio - Pseudomonas savastanoi -, che viene trasmesso tramite: la puntura della mosca dell’olivo, le ferite generate da grandine e potature, dalle lesioni da freddo e soprattutto dagli attrezzi impiegati per la raccolta. Si manifesta con la formazione di escrescenze tumorali che, se interessano rami di piccole dimensioni, si può combattere con l’eliminazione delle parti infette; mentre in caso della formazione di notevoli masse sul tronco e grosse branche, occorre procedere all’asportazione della massa e dei sottostanti tessuti interessati (dendrochirurgia), seguita, in entrambi i casi, da una accurata disinfezione delle ferite con sali di rame. Comunque, dopo i descritti interventi e la raccolta delle olive, è consigliabile effettuare, rispettivamente, un trattamento a tutta la pianta con prodotti rameici e con concime-anticrittogamico biologico a base di Zinco (Zn), Manganese (MN) ed una elevata percentuale di Rame (Cu).
- Verticillosi – Verticillium dhaliae -: trattasi di una patologia causata da un fungo presente nel suolo, di difficile controllo, che si manifesta con improvvisi disseccamenti di parti o addirittura di tutta la pianta, specie in nuovi impianti su terreni in precedenza sede di coltivazione di ortaggi sensibili al fungo, quali: Pomodoro, Patata, Peperone e Melanzana. Oppure su impianti con coltivazione interfilare delle citate colture orticole. La lotta si basa su interventi sull’apparato radicale, anche delle piante circostanti a quella colpita, con prodotti a base di cloro e successivi trattamenti a base di Fosetil alluminio (Aliette, in aggiunta a Enovit metil).
- Tignola verde – Prays oleae – o Margaronia o Piralide dell’Ulivo: è un temibile Lepidottero fitofago ( che ha un rapporto nutrizionale specifico a spese dei vegetali) che allo stadio larvale, con la prima generazione, produce danni sui fiori in genere trascurabili. Dnni che, invece, con la seconda generazione, in Maggio-Giugno, possono assumere proporzioni gravi, in quanto provocano la cascola anticipata dei frutti.
Per cui, è opportuno intervenire subito dopo la fioritura, e comunque sempre prima dell’indurimento del nocciolo, con la distribuzione del Bacillus thuringiensis (Costar WG) che, una volta ingerito dalle larve attraverso le parti vegetali contaminate, libera delle tossine in grado di distruggere il loro tratto digerente. Oppure effettuare trattamenti a base dell’insetticida specifico: Kaimo Sorbie, sempre dopo aver accertato, nei mesi di Maggio-Giugno, la presenza dell’insetto tramite l’applicazione di trappole a feromoni, o dopo aver consultato il bollettino fitosanitario della propria regione, per Informazioni sulla necessità dell’intervento.
- Mosca olearia - Dacus oleae o Bactrocera oleae - : è un pericolosissimo Dittero policromo della lunghezza di 5 mm ( presenta 2 ali trasparenti con all’apice una piccola macchia scura. Il corpo è giallastro con occhi verdi-blu, il torace grigio presenta tre strie longitudinali più scure è lo scudetto di colore giallo-avorio, mentre l’addome è rossastro con macchie bruno-nefrastre) della specie Carpofaga (la cui larva è una minatrice che scava gallerie nella polpa dele olive) presente in tutti gli oliveti del mondo. Una sola femmina può deporre fino a 250 uova in presenza di temperature che vanno dai 10 ai 31 °C, anche se quella l’ottimale è intorno ai 25 °C.
Mentre, una temperature superiori ai 32-33 gradi provoca la morte di moltissime larve all’interno delle drupe e un notevole rallentamento dell’attività degli adulti, che migrano in luoghi più freschi e umidi. Inoltre, ai fini della tempistica della lotta, è da tener presente che la femmina non depone la uova su olive con diametro inferiore a 7-8 mm e non prima dell’indurimento del nocciolo.
Infatti, per effettuare la lotta biologica il posizionamento delle trappole di “cattura massale mosca della olive DACUS TRAP”, in numero di 90 per ettaro, oppure 1 “ECOTRAP” ogni 2 piante, mantenendo però una distanza inferiore a 10 m, deve avvenire da metà giugno ad inizi di luglio. Contemporaneamente, per verificare la prsenza o meno dell’inetto, serve applicare altre 1 o 2 trappole “ Dacus Trak” (pannello cromo tropico giallo collato e innescate con il feromone). In quanto, se si dovessero riscontrare 4 catture al giorno per 3 giorni consecutivi, bisognerà intervenire con un trattamento con prodotti a base di Piretro, per riportare entro limiti accettabili la presenza della popolazione adulta.
Altro possibile metodo di lotta biologica consiste nell’esecuzione di 2 trattamenti con Caolino, alla dose di 4-5 kg per 100 litri di acqua, allo scopo di ricoprire uniformemente la pianta con uno strato sottile di polvere di colore biancastro, per nascondere le olive alla vista delle mosche e rendere meno agevole la penetrazione dell’ovo-depositore. Oltre a proteggere la vegetazione dall’incidenza dei colpi di calore, abbassare la temperatura della chioma e migliorare la fotosintesi clorofilliana.
- Fleotribo o Punteruolo – Phloeotribus scarabaeoides –: è un piccolo Coleottero che può causare danni ingenti ai rametti di 2 anni ‘, cioè a frutto.
Le femmine depongono le uova in piccole gallerie ricavate in corrispondenza delle gemme o nelle zone ascellari dei rametti, da dove le larve proseguono nello scavo, fino a determinare il disseccamento del rametto. Pertanto la lotta, per risultare efficace, deve essere condotta in maniera preventiva, con 1 o 2 trattamenti con COSTAR EG (potente insetticida biologico ad elevato contenuto di spore e cristalli attivi di Bacillus thuringiensis), a fine marzo-inizio di aprile, in concomitanza con gli interventi contro l’Occhio di Pavone.
- Cecidomia suggiscorza o Moscerino suggiscorza – Resseliella olisuga-: è un piccolo dittero le cui punture di ovo-deposizione causano una necrosi localizzata della corteccia che tende a rigonfiarsi per il sottostante sviluppo di larve che scavano gallerie all’interno dei rametti, provocandone il disseccamento. Pertanto colpire il parassita anche con l’impiego di prodotti sistemici (che vengono assorbiti prima dalla pianta e poi agiscono sui parassiti che se ne nutrono) comporta delle difficoltà. Quindi più che lotta con prodotti chimici (vedi COSTAR WG) da effettuarsi a Marzo-Aprile, è preferibile, prima della ripresa vegetativa, pratacare quella agronomica. Consistente in una leggera lavorazione del terreno (alla profondità di 10-15 cm), per ottenere l’interramento delle pupe o crisalidi (protette da un bozzolo secreto dall’ultimo stadio di larva, che precede quello di adulto) presenti in superficie, in modo da impedirne lo sfarfallamento.
- Oziorrinco - Otiorbyncnus German-: coleottero particolarmente aggressivo su piante giovani, tant’è che in poco tempo, dal tramonto all’alba, può distruggere la nuova vegetazione, asportando, a forma di mezza luna, buona parte delle foglie. Si combatte, non appena si riscontra la presenza, tramite il posizionamento intorno al tronco di un giro di Rincotrap (trappola meccanica per insetti), oppure di trappole adesive. Con l’accortezza di eliminare le erbe infestanti presenti nelle vicinanze, per impedire appigli alternativi attraverso i quali l’insetto può raggiungere la pianta. Altro mezzo di lotta sono gli insetticidi, come “Ercole” (Peritroite a lunga persistenza con effetto repellente), , o “Laser” (insetticida naturale biologico, ottenuto dal batterio Sccharopolyspora spinosa presente nel terreno). da distribuire alla base delle piante.
- Antracnosi o Lebbra – Colletotrichum gloesporioides –: è una pericolosa patologia fungina che produce danni alle foglie a parti di rami e soprattutto ai frutti, con ripercussioni sulla qualità e sulla quantità dell’olio che si estrae. In quanto assume una colorazione rossastra, privo di fruttato e di alta acidità. Insieme di deprezzamenti che precludono la classificazione di extravergine. Il patogeno trova le condizioni ideali di sviluppo in presenza di temperature di 16 - 26 °C e alta umidità atmosferica. Gli attacchi si manifestano in coincidenza di due stati fenologici: la fioritura e l’invaiatura (Settembre-ottobre); anche se possono evidenziarsi su foglie e rametti prima della fioritura (Maggio); durante l’estate e dopo l’invaiatura (Ottobre), rispettivamente, a danno della vegetazione e delle drupe.
La prevenzione e la lotta si basano su trattamenti con formulati a base di ridotte quantità di rame veicolati con agenti fertilizzanti (Welgro Cu Zn) che, penetrando nei tessuti della pianta, combattono il fungo anche dall’interno. Cratteristica che, in considerazione della normativa che ha ridotto l’uso del rame a 4 kg per ettaro e per anno, conferisce a tali innovativi prodotti un notevole interesse, per il fatto che si possono utilizzare senza limitazioni .
- Rodilegno rosso –Cossus cossus- e Rodilegno gialllo -Zeuzera Pyrina- : sono insetti Lepidotteri polifagi (che attaccano un gran numero di specie) e xilofagi (che si nutrono del legno scavando gallerie al suo interno). In particolare, il primo crea gallerie nel tronco e nelle branche principali, causando importanti danni alla struttura della pianta ed il conseguente lento e prograssivo deperimento della stessa. Mentre quello giallo predilige i rami posizionati in cima, scavando gallerie nel centro dei germogli.
La lotta può essere condotta, per entrambi i rodilegno, tramite:
- trattamenti da eseguire dopo 15 giorni dall’inizio dei voli (riscontrabile tramite il posizionamento di trappole a feromone sessuale: Siatrap in numero di 3-4 per ettaro, con relativo Feromone rodilegno rosso e Feromone rodilegno giallo) e ripeterli, dopo 7-10 giorni , con Klozer (a base di Beauveria bassiana) alla dose di 200 ml/hl, o Mebov (a base di Mthanzium anisopliae) alla dose di 300 ml/hl;
- cattura massale del parassita (migliore strategia per contrastare gli attacchi) attraverso il posizionamento, ad altezza uomo all’interno della vegetazione, entro il mese di maggio, di almeno 10-15 trappole Siatrap per ettaro, con relativo feromone sessuale da sostituire una volta ogni mese;
- ’eliminazione delle larve introducendo del filo di ferro nelle gallerie scavate nel legno.
- Brusca Prassitaria – Stictis Panizzei- : malattia causata da un fungo che colpisce principalmente foglie isolate anziché l’intera chioma delle piante, causando disseccamenti parziali con caratteristiche sfumature di colore variabili dal rosso mattone al bruno cenere , con margini sfumati in marrone scuro. Si manifesta in autunno, specie durante gli anni caratterizzati da elevata umidità e alte temperature.
La malattia si sviluppa in consequenza della presenza di piccole strutture chiamate “picnidi” sulla pagina inferiore delle foglie, invisibili ad occhio nudo, che producono i “picnocoidi “ : microscopici corpi responsabili della diffusione.
La strategia per prevenire la manifestazione consiste:
- nell’ispezione regolare delle foglie, alla ricerca di segni di disseccamento con macchie rosse o brune;
- nella rimozione di rami e foglie secche o danneggiate con attrezzi puliti e disinfettati, per evitare la propagazione del fungo;
- nel mantenere (quando possibile) un adeguato regime di irrigazione, per evitare stress idrico alle piante;
- nell’effettuazione di trattamenti preventivi con fungicidi a base di rame.
E’ importante notare che la Brusca Parassitaria può essere confusa con gli effetti prodotti dalla Brusca non Pafrassitaria, che però si distingue dalla prima per i seguenti aspetti:
- l’alterazione delle foglie è causata dall’azione di venti asciutti, come lo scirocco, ed inizia con il disseccamento dell’apice della foglia , vicino al mucrone (punta breve e rigida un po’ ripiegata, formata dal prolungamento dell’asse centrale della foglia), dove la traspirazione è più intensa a causa dell’assenza della cuticola (rivestimento composto da cera e acidi grassi –cutina-);
- non si estende mai alle zone laterali delle foglie e non presenta alcuna punteggiatura sulle aree dissedccate.
- Cotonosa –Philippia oleae e Euphilippia olivina- : vive protetta da una candida e cotonosa secrezione cerosa, soprattutto a spese dei racemi fiorali (infiorescenze formate da un asse principale dal quale si dipartono peduncoli di uguale lunghezza che sorreggono i fiori) e dei frutticini appena allegati. Con le loro punture causano l’aborto dei fiori e l’avvizzimento e la cascola delle piccole drupe; mentre la vegetazione viene abbondantemente imbrattata dalla melata sulla quale si sviluppano vari funghi che danno origine alla fumaggine o fuliggine.
Pertanto, la maggiore entità dei danni, in genere contenuti, è attribuibile alle infestazioni che si verificano nel periodo della fioritura e dell’allegagione.
Infestazioni che non richiedono interventi di lotta specifici, in quanto sono tenute a freno sia dalle sistematiche potature di sfoltimento della chioma, che dai parassiti endogeni (che vivono in permanenza all’interno degli organi dell’ospite) e dagli svariati predatori delle neaniti della cocciniglia;
- Mezzo grano di pepe – Saissedia oleae -: insetto fitomizo (che si nutre della linfa della pianta, succhiandola direttamente dai vasi cribrosi), della famiglia Coccidae. E’ sicuramente quello che arreca più ingenti danni alla pianta infestata. Compie una generazione all’anno e sverna allo stadio di neanite e più raramente di femmina giovane. Le uova, di colore giallo-aranciato, si schiudono a partire dalla fine di luglio, dando origine alla fuoruscita scalare delle neaniti che si disperdono sulla chioma, localizzandosi sui rami, rametti e lungo la nervatura principale della pagina inferiore delle foglie.
La dannosità prodotta dal parassita è dovuta alla sottrazione di linfa che, essendo a basso contenuto proteico e ricca di zuccheri, per ottenere un adeguato apporto proteico, ne deve ingerire in grandi quantità ed eliminare gli zuccheri in eccesso, sotto forma di melata. Melata che, in caso di forti attacchi, può interessare l’intera chioma formando un substrato sul quale si insediano un complesso di funghi saprofiti (che si nutrono a spese di sostanze organiche in decomposizione) rersponsabili della formazione della fumaggine (patologia dovuta ad un insieme di funghi che formano uno strato nerastro) che limita la vitale attività fotosintetica della pianta.
Ne consegue che gli effetti combinati della sottrazione di linfa e della fumaggine si riflettono sulla pianta con manifestazioni di perdita di vigoria, forti defogliazioni, stentato sviluppo, accorciamento dei germogli e scarse fioriture e fruttificazioni.
Pre cui, per mitigare i danni, necessita effettuare una lotta articolata con interventi di tipo:
- Biologico: con antagonisti naturali rappresentati da microrganismi e da insetti parassitoidi appartenenti al genere Metaphycus e ai predatori Chilocorus bipustulatus, Scutellista cynerea,ecc.
- Agronomico: basata sulla cura della potatura con lo sfoltimento della chioma (al fine di creare un microclima sfavorevole allo sviluppo del parassita) ed effettuare equilibrate concimazioni , soprattutto azotate;
- Chimico: con trattamenti insetticidi ammessi dai Dpi (Dispositivi di protezione individuali, quali guanti e occhiali), a base di Buprofezim, o olio bianco da effettuare quando si riscontra la soglia di intervento di 5 -10 neaniti per foglia, su un campione di 100 foglie prelevato dalla parte medio-bassa della chiome di almeno 5 – 10 piante ad ettaro.
- Spudacchina – Philaenus spumarius – è un insetto Omottero, così definito per la singolare tecnica di protezione della forma giovanile - neanide- e di ninfa o pupa, caratterizzate dalla immobilità e da profonde trasformazioni dell’insetto che, in questa fase, trova riparo immerso in una massa schiumosa simile alla saliva di uno sputo, onde il nome di sputacchina. L’ulivo è tra le piante di cui, durante la fase adulta, si nutre della linfa grezza che scorre nei tessuti xilematici (legnosi) delle piante, attraverso punture di suzione nelle parti più teneri della vegetazione. In tale fase può acquisire il batterio – Xylella fastidiosa- (microrganismo unicellulare delle dimensioni variabili da 1 a 10 micrometri, cioè da 0,001 a 0,01 mm) potenzialmente presente nella pianta. Batterio che viene conservato, fino alla fine del ciclo biologico dell’insetto nell’appoarato digerente. Per cui, quando si sposta su una nuova pianta per nutrirsi, lo immette automaticamente all’interno del suo xilema, diffondendo la malattia e stimolando i tessuti alla produzione di un gel che impedisce il regolare scorrimento della linfa.
Il che comporta il rapido disseccamento , a partire dalla parte apicale, della chioma di rami isolati, di intere branche o dell’intera pianta; oltre all’imbrunimento interno, a diversi livelli, del legno delle branche e del fusto.
Considerato quindi il ruolo di vettore della Xilella che la Spudacchina ha esrcitato il Puglia, e che, secondo notizie diffuse da recente, oltre alla Xilella fastidiosa subspscie pauca (che ha causato la cosiddetta CoDIRO – Sindrome del disseccamento rapido di migliaiadi ulivi), sia stata riscontrata anche la presenza di Xilella fastidiosa sub specie fastidiosa: agente della malattia di “Pierce” (patologia che colpisce la vite, oltre alle drupacee e gli agrumi, con effetti letali), su 6 alberi di Mandorlo in località Triggiano, in provincia di Bari; l’Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia, anche dagli esiti dei controlli effettuati sugli insetti vettori della Xilella fastidiosa, non esclude la possibilità di rischio di diffusione del batterio sulle altre colture di pregio, tipiche della regione, quali: ciliegi e uva da tavola; nonché uva da vino, mandorlo e l’erba medica.
E poiché tale diffusione, nonostante l’attivazione, nell’area attualmente interessata, di una sorveglianza rafforzata sugli insetti vettori e l’abbattimento delle piante infette e di quelle suscettibili ad aspitare il batterio presenti nel raggio di 50 metri; non è scontato che non possa estendersi accidentalmente altrove; si ritiene prudenzialmente opportuno seguire attentamente l’evolversi della situazione, per essere in grado di , eventualmente, individuare tempestivamente segnali che rivelino la tipica presenza del batterio killer e di praticare gli interventi adeguati ad impedire la diffusione del temibile vettore Spudacchina, attraverso la conoscenza del :
- suo ciclo biologico: che, secondo osservazioni condotte in Puglia, inizia con la comparsa delle forme giovanili tra fine di febbraio e l’inizio di marzo su piante erbacee appartenenti alla famiglia delle Asteraceae ( Lattuga, Tarassaco, Radicchio, Cicoria, Carciofo, ecc), Fabiaceae (Fava, Soia, Pisello, Cece, Fagiolo, leticchia, Arachude, ecc) e Apiaceae ( Carota, Pastinaca, Sedano, Finocchio, Angelica, Ferula, Prezzemolo, ecc), sia spontanee che coltivate. Mentre gli adulti compaiono tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, spostandosi su vari arbusti selvatici e su alcune piante arbotree, fra le quali l’Ulivo, fino all’autunno. Per poi fare ritorno sulla vegetazione erbacea, per deporre le uova e completare il ciclo, svernando come uovo, sui residui vegetali;
- e della rispettiva lotta agronomica, consistente nella:
- gestione del suolo con lavorazioni superficiali o tramite trinciatura delle erbe infestanti, nel periodo primaverile, per mantenere il terreno sgombro, al fine di ridurre la popolazione degli stadi giovanili dell’insetto ed eliminare le piante possibili ospiti. Oppure, in alternativa, nel caso di aree in cui è difficile l’accesso con mezzi meccanici, adottando la pratica del pirodiserbo (che impiega dispositivi a fiamma o a raggi infrarossi per il controllo delle erbe infestanti), la cui azione però risulta più efficace su piante giovani;
- potatura delle piante arboree ospiti, per ridurre la vegetazione, rendere più efficace la distribuzione dei prodotti per il controllo del vettore e diminuire l’utilizzazione dei volumi degli stessi;
- disinfettazione degli attrezzi utilizzati per la potatura con una soluzione di ipoclorito di sodio (Candeggina o Varechina) al 2%, o con sali quaternari d’ammonio (Sani Flour), prima e durante il loro utilizzo, per evitare la diffusione di altri patogeni;
- esecuzione preventiva dei trattamenti fitosanitari previsti dalla Decisione della Commissione Europea 789/2015, per i quali in Italia sono registrati, su olivo e su Philaenus spumarius, tre sostanze attive: Acetamiprid, Deltametrina e Olio essenziale di arancio dolce (utilizzabile anche in biologico).
E’ da segnalare inoltre la possibilità , anche se ancora in fase di studio, di utilizzazione del Zelus renardii, come predatore naturale della Sputacchina. Nei confronti del quale, dalle prime osservazioni eseguite dal Prof. Francello Porcelli, entomologo del Disspa di Bari, sui vettori potenziali dello Xylella, sembra siano emerse prospettive di incoraggianti esiti.
Utilizzazioni:
- del legno: sia del tronco che dei grossi rami e radici, una volta stagionato, è molto durevole nel tempo, anche se esposto alle intemperie, e pur non essendo facile da lavorare, consente di realizzare oggetti di considerevole bellezza. In quanto il colore giallo-bruno, con marcate venature alternativamente chiare e scure fanno di ogni realizzazione un pezzo unico. Esso, infatti, essendo un legno di risonanza (cioè che fornisce un ottimo materiale per la cassa armonica degli strumenti musicali che, per complessi fenomeni di diffusione e riflessione, esalta l’intensità sonora), viene impiegato soprattutto per la costruzione di strumenti musicali a fiato, come ciaramelle e zampogne, oltre che per taglieri, piatti e altri utensili da cucina. Mentre i tronchi contorti costituiscono un materiale ricercato dagli scultori, così come i rami giovani per la realizzazione di cesti. Mentre le fascine secche ricavate dal materiale di risulta della potatura, rappresentano un combustibile ideale per innalzare la temperatura del forno a legna ed accendere la stufa o, nell’orto, come supporto per far arrampicare i piselli o come ottima base per la produzione di compost.
- delle olive: usate sia come alimento che, prevalentemente, una volta raggiunta la piena maturazione, per l’estrazione dell’olio extravergine di oliva, tramite: molitura (frangitura delle drupe); gramolatura (sminuzzamento ulteriore dei frammenti di polpa ed amalgama della pasta di olive); pressatura; e separazione dell’olio dall’acqua di vegetazione, per centrifugazione. La qualità dell’olio dipende maggiormente: dalla varietà della pianta; dai metodi di coltivazione; dal tipo di terreno; dall’andamento climatico; dal tempo che intercorre dalla raccolta alla molitura; e dal metodo di molitura (quella a freddo risulta essere la migliore, in quanto, essendo che la temperatura della pasta delle olive durante la gramolatura non supera i 27 °C, si evita l’alterazione dei composti sensibili al calore, quali: vitamina E ed i polifenoli.
Il Regolamento Ce 1531/2001, in vigore dal 1 novembre 2002 costituisce la normativa che stabilisce la Classificazione dell’olio di oliva, come segue:
- olio di oliva extravergine o Evo (definito nutrigenico: cioè in ngrado di curare), con acidità libra, espressa in acido oleico, non superiore a 0,8%, dai notevolissimi pregi, oltre che come incomparabile condimento di pietanze, per i suoi poteri terapeutici quali: abbassare il rischio di disturbi cardiaci e circolatori, ridurre la secrezione gastrica, e come ingrediente di unguenti, saponi e altri prodotti per la cura della pelle e dei capelli, grazie alle sue proprietà nutritive ed al contenuto di vitamina E (che per le notevoli proprietà antiossidanti di cui dispone, assicura un’azione di protezione delle membrane cellulari, aiuta a migliorare l’attività dei neuroni e, insieme alla vitamina A, anche le condizioni della vista);
- olio di oliva vergine, con acidità massima pari al 2%;
- olio di oliva lampante (così denominato perché in passato veniva utilizzato per elimentare le lampade), non vendibile al dettaglio, sia per i difetti organolettici che per l’elevata acidità, superiore a 2 g di acido oleico per ogni 100 g di olio.
A cui seguono altre categorie di scarsissima qualità o non ammesse al consumo, ottenute da più spremiture della sansa (materiale residuo della pressatura della pasta di olive) o con solventi chimici.
- delle foglie: che rivestono una notevole importanza per i loro effetti fitoterapici sull’organismo umano, avallati da numerose ricerche Universitarie a livello internazionale e dal riconoscimento dal Ministero della Salute italiano. Proprietà benefiche dovute alla presenza di sostanze medicamentosi, quali: l’Oleuropeina (glucoside che essendo presente anche nelle olive, conferisce il tipico sapore amaro all’olio; l’acido Elenolico (derivato, per idrolisi dalle’Oleuropeina); l’Idrossitirosolo (considerato “spazzino”di radicali liberi, con capacità 30 volte superiore alla vitamina C; il Tirosolo e la Rutina.
Complesso di contenuti preziosi, dato che sviluppano azioni: - antiossidante ( che contrasta gli effetti dei radicali liberi responsabili dell’invecchiamento delle cellule); - depurativa e disintossicante (che favorisce eliminazione di acidi urici, tossine, grassi e zuccheri nel sangue, promuovendo al contempo la depurazione di fegato e reni); - di sostegno al Sistema Cardio-Circolatorio (attraverso un effetto ipotensivo dovuto all’aumento dell’elasticità delle arterie che, favorendo la circolazione sanguigna, contrasta l’insorgenza di varici, gambe pesanti e vene varicose; - di abbassamento del colesterolo (per la funzione ipocolesterolemizzante, dovuta alla riduzione dei livelli di colesterolo cattivo – LDL- e all’innalzamento di quello buono -HDL-); - di sostegno al Sistema Immunitario (per l’aumento delle difese e l’azione antivirale, antimicotica e antibatterica; - e di prevenzione dell’osteoporosi.
Inoltre, alcune ricerche hanno dimostrato come l’estratto di foglie sia utile anche: contro il diabete (grazie all’azione ipoglicemizzante) e alcune malattie degenerative, come l’Alzheimer o il cancro. Patologie in nei confronti delle quali specifici studi hanno evidenziato come i principi attivi contenuti nelle foglie di ulivo siano in grado di evitare che le cellule da sane si trasformino in maligne, la cui proliferazione puo dare origine a tumori
Insieme di benefici di cui è possibile fruire (dietro parere del fitoterapeuta) tramite l’assunzione dell’estratto di foglie (che si possono raccogliere tutto l’anno), fresche o secche (conservabili in sacchetti di carta o tela). Per la preparazione del quale occorrono: 100 - 150 foglie fresche o 30 - 50 secche da lavare immergendole in acqua e bicarbonato e asciugare accuratamente, per poi metterle in una pentola con 1 litro d’acqua da portare all’ebollizione e lasciarla sobbollire a fuoco lento per 15 minuti; dopo di ché filtrare, lasciare raffreddare e versare il liquido in una bottiglia di vetro da conservare in frigo, per poi assumerlo, all’occorrenza, nella misura di un cucchiaino durante i pasti principali.
Altro metodo semplice per sfruttare le preziose proprietà delle foglie consiste nella preparazione di un decotto. Per il quale servono 5 grammi di foglie essiccate per ogni tazza d’acqua con immerse le foglie, da portare a bollitura per ca. 5 minuti, per poi lasciare riposare e far stiepidire, prima di filtrarlo e berlo alla dose consigliata di una tazza al giorno.
In floriterapia poi esiste “ Il fiore di Bach Olive”, ideale per combattere: la stanchezza, esaurimenti nervosi, astenia, cali di energia, recuperare dopo una convalescenza o un intervento chirurgico o altro. Per tali sintomatologie o esigenze si consiglia l’assunzione, in genere, di 4 gocce per 4 volte al giorno, fermo restando la raccomandazione di avvalersi delle indicazioni di un floriterapeuta.